Professor Berzano, perché un titolo in parte così provocatorio come UN ALTRO GESÙ?
Perché presenta la figura di Gesù prima del Cristianesimo. Questo libro, e la ricerca che l’ha preceduto, ricostruisce la figura del giovane rabbi della Galilea, il suo messaggio, l’ambiente in cui tutto è avvenuto, prima del Cristianesimo, prima di Paolo di Tarso, prima dei Concili che hanno poi “organizzato” tutto quello che noi pensiamo quando diciamo Chiese cattolica, protestante, ortodossa. L’interesse è per il Gesù prima della teologia, prima dei catechismi, prima dei nostri stili di vita cristiani. È l’interesse per lo “stato nascente”: quando c’era soltanto un giovane rabbi della Galilea che girava nei villaggi e nelle sinagoghe con un piccolo gruppo di discepoli, annunciando un mondo affascinante e anticipandolo con lo stile di vita che adottava. Il libro ripercorre l’esistenza di quel giovane rabbi che tutti chiamavano Jèshua, rivelando l’humus culturale in cui si era formato, riscrivendo quale tipo di rapporti lo legava al suo ambiente, alla sua religione ebrea, alla famiglia, ai discepoli.
Ma una simile ricerca su che cosa può basarsi?
Certo sui Vangeli, sui testi “apocrifi”, sui papiri scoperti in questi ultimi decenni, sul Talmud, ma anche sulla nostra immaginazione. Così è stato per questo libro. Ma, in alcune parti, si è fatto riferimento anche alle prime forme di comunità cristiane, quale quella descritta nella Lettera a Diogneto e quella dei martiri di Abitine. E infine tutto il libro si svolge sul filo dell’esperienza dell’essere cristiani oggi, dopo due millenni da quando tutto è iniziato. Si intrecciano quindi nel libro due posizioni: quella della ricerca storica, razionale e quella della esperienza vissuta, mia e della comunità digitale che ha condiviso lo sviluppo del libro.
Leggendo il libro sorge un’altra curiosità: cioè viene da chiedersi come sia nato.
È un libro che in parte è già stato pubblicato negli ultimi due anni, con un pensiero ogni venerdì inviato a una comunità digitale di un migliaio di appartenenti che si è unita alla piccola parrocchia cattolica di cento abitanti in Valleandona. È nato quindi dall’esigenza personale di cristiani che non volevano perdere il fascino del messaggio evangelico e del maestro che lo ha annunciato.
Il lettore, pagina dopo pagina, scopre che la chiave per capirlo è la bellezza; bellezza del messaggio evangelico, bellezza del modo di parlare di Gesù, bellezza del suo stile di vita, bellezza anche del paesaggio della macchia mediterranea in cui tutto avvenne.
Sì. Questo è voluto, poiché senza questa dimensione di poesia e di fascino è difficile capire e scegliere. Ciò che ci appassiona e si ama deve essere bello. Vale anche per le religioni. Il poeta Novalis diceva che solo i poeti possono parlare dell’amore, o almeno solo loro ne custodiscono il segreto. Ebbene, vale anche per i messaggi e le esperienze religiose. Essere cristiani presuppone che ci sia stato un incantamento iniziale e che poi, dopo la promessa, si mantenga la scelta. Senza questo incantamento iniziale, che dovrebbe avvenire nell’infanzia con i primi sacramenti, è difficile la durata successiva. L’ideale sarebbe che la scelta iniziale si trasformasse in destino. Oggi, nelle comunità cristiane, invece i dati indicano che cresce l’abbandono di gran parte dei battezzati e di coloro che hanno partecipato da ragazzi ai sacramenti. Cresce la convinzione che, anche nella vita religiosa, dopo un primo tempo di innamoramento e di adesione, non possa che seguire l’abitudine, la noia, l’allontanamento. Quasi fosse una legge esistenziale secondo cui, più ci si allontana dal focus del primo incontro con il messaggio evangelico, più scompare il desiderio e l’attaccamento, fino a spegnersi.
Quanto lei dice richiama quel che si ripete anche dell’amore e del matrimonio. Quindi anche le fede, come l’amore, o è sempre innamoramento o si spegne. Quale la soluzione?
È necessario trasformare il caso in destino. È un caso che io sia cristiano. Se fossi nato in India, sarei induista. Sono nato invece in Italia e ho incontrato Gesù e il messaggio evangelico. Questo però può diventare il mio destino. Io dò un significato alto e profondo alla parola “destino”, intendendo ciò che fa durare “per sempre” le cose, le scelte, le promesse. Questo è il miracolo della durata delle cose, e anche della durata del rimanere cristiano con gusto e convinzione. Che cosa favorisce questo miracolo della durata nella vita cristiana? Ne trattano biblioteche intere. Ma a me personalmente pare che il fattore più convincente è mantenere sempre nuovo l’oggetto della scelta e della promessa: cioè il messaggio evangelico e il giovane rabbi della Galilea che lo ha annunciato. È questo che deve rimanere sempre nuovo e da scoprire, nonostante sia sempre lo stesso. Pensiamo a quanto ci accade come leggiamo un libro che amiamo molto e che abbiamo letto una, due, tante volte. Lo conosciamo già, ma la rilettura ci fa scoprire nuove parole, immagini, dialoghi, passaggi, pieghe, tornanti, personaggi che ce lo rendono ogni volta diverso e affascinante. Si direbbe che un cristiano deve far diventare Gesù come il libro letto e riletto, ma sempre nuovo. Gesù non può essere che sempre un altro Gesù a cui dedicare tempo e attenzione: la grazia della lettura. Per essere cosi deve rimanere sempre un po’ segreto, diverso, e quindi da scoprire.
Lei scrive che, nella sterminata letteratura sulla figura di Gesù, ci fu già nell’Ottocento lo storico Renan che ne scrisse una vita – subito condannata – dove questo fascino per il maestro era già presente.
Renan fu un biografo laico innamorato del disegno umano e sociale del suo eroe e si lasciò affascinare dalla follia mistica, dalla sete di giustizia e di luce di Gesù, al punto di riscriverne la vita tenendo conto solo della sua utopia terrena. Questo fu il limite di Renan, che sottovalutò la dimensione divina della vicenda umana di Gesù, la sua forza di fare miracoli, la sua resurrezione. A tale proposito oggi l’immensa letteratura su Gesù viene divisa dagli studiosi in tre periodi e tipi di ricerca (quest): First Quest (1778-1906): Gesù, una grande personalità solo spirituale; New Quest (1950-1980): Gesù all’alba del Regno; Third Quest (a partire dal 1980): Gesù, l’ebreo. Questo libro Un altro Gesù. Il tempo e le parole di un uomo si pone all’interno della Third Quest (terza ricerca), beneficiando delle recenti scoperte archeologiche, della scoperta dei diversi giudaismi al tempo di Gesù, della maggiore conoscenza della lingua aramaica e del contesto culturale della Palestina del I secolo, nonché di nuove intuizioni offerte dall'analisi sociale e dalla teoria letteraria moderna.
Quale il seguito di questo libro e della inedita ed estesa comunità digitale che è nata attorno alla piccola parrocchia di Valleandona?
Stiamo riflettendo. Sicuramente il legame rimarrà, poiché tutto è nato proprio dal significato implicito nella parola “religione”, cioè “rileggere” (relegere). Non smettere mai di rileggere i testi che riguardano Gesù, camminando lungo i mille sentieri che tessono la rete globale delle nostre vite, delle nostre azioni, dei nostri pensieri, delle nostre culture. Per molti i dubbi sulla religione diventano dolorosi. «Mi manca la religione della mia adolescenza. Resto inconsolabile per averla persa». E molti si propongono di rileggerla per scoprire se possono non solo pensarla ma “crederci”. E, ripercorrendo i Vangeli, cercano di restituire al cristianesimo i tesori che rallegrarono la loro giovinezza. Sperando che, dopo l’era analitica – quella delle divisioni, decomposizioni, distruzioni, compresa quella del nostro pianeta –, arrivi quella della sintesi e della ricostruzione. I problemi contemporanei possono trovare soluzioni solo globali. Come non finire con il religioso, che, lungo un asse verticale, si dice colleghi il cielo alla terra, e orizzontalmente gli uomini tra loro?