Nel convegno al Cottolengo sull’economia non abbiamo certo inteso entrare più di tanto nei dati tecnici sull’andamento della crisi in corso. Quel che volevamo invece suggerire è un quadro culturale e morale in cui collocare il dibattito. Difficile infatti prevedere quando la crisi sarà superata, se essa è conseguenza di gravi storture nell’idea stessa di economia come è stata concepita nella civiltà moderna.
Non è casuale che sia oggi la riflessione religiosa a compiere quest’opera di scavo. Essa custodisce infatti la memoria di cosa l’uomo è da sempre, attingendo a un orizzonte ben più ampio di quello dei secoli più recenti, che hanno plasmato le convinzioni oggi date per scontate.
Si potrebbe con una certa facilità affermare che la questione è dei valori che orientano le scelte, prima ancora delle scelte stesse. Questo vale per l’economia, come anche per ciò che sull’economia dovrebbe esercitare un controllo, vale a dire la politica: che non a caso vive oggi, soprattutto in Italia, una grave crisi di credibilità.
Mentre continuiamo a pubblicare le relazioni del convegno sull’economia, diamo notizia di un incontro che avrà luogo sabato 10 novembre a Torino sul delicato tema dell’etica della professione politica.
Quanto deve guadagnare un politico? E quale stile personale è doveroso richiedergli?
Il discredito che oggi cade sul ceto politico è un problema grave; e lo è in primo luogo per la società stessa. Cosa ci vuole perché le responsabilità di governo siano percepite come servizio e non come privilegio?
Ci troviamo di fronte a grandi e non facili cambiamenti, e la prima condizione è il rapporto di fiducia con chi ha la responsabilità di guidarci.