Madre India

kumbh mela 2013Dai cruenti episodi fondamentalisti degli ultimi anni all’inquietante fenomeno della violenza sulle donne emerso in modo drammatico recentemente, per non dire della lunga scia insanguinata che ha macchiato la storia dell’India indipendente, dalla guerra civile tra hindū e musulmani alle guerre col Pakistan all’assassinio del Mahatma Gandhi e di Indira e Rajiv Gandhi, molto potrebbe mettere in discussione l’immagine dell’India come patria della nonviolenza. Eppure, al di là di tutto questo, e al di là anche di un’immagine che per sua natura ha un valore solo parziale di verità, ragioni profonde inducono a perseverare nel vedere l’India come un luogo decisivo per le sorti umane: come la terra in cui l’uomo contemporaneo, proiettato verso scenari di sempre più rapida e inquietante trasformazione, può ancora incontrare se stesso in tutte le stratificazioni della sua plurimillenaria storia spirituale. La pace a cui aspiriamo, di necessità in primo luogo interiore, non può certo prescindere da quell’incontro.

In tale luce va visto innanzitutto l’evento che in questi giorni pone l’India al centro dell’attenzione di chi cerchi i segni che conducono al di là della contingenza: l’apertura il 14 gennaio del Maha Kumbh Mela, un evento dai complessi significati cosmici e mitologici, che si svolge ogni dodici anni in particolari condizioni astrali, e che può considerarsi il più imponente incontro religioso dell’umanità. Decine di milioni di persone sono in procinto di riversarsi sulle rive della confluenza dello Yamuna col Gange, per vivere, con l’immersione nelle sacre acque, il rito di una grande purificazione spirituale.

In questi stessi giorni poi una ricorrenza consente di riflettere su come l’India stessa elaborò l’immagine della sua cultura in rapporto all’Occidente. Il 12 gennaio di centocinquant’anni fa nasceva, a Calcutta, Vivekananda, il primo maestro hindū ad avere con l’Occidente un confronto diretto. Quando, nel 1893, prese la parola alla riunione del Parlamento Mondiale delle Religioni di Chicago, evento di rilievo nella storia del dialogo interreligioso, ottenne un memorabile successo presentando se stesso come rappresentante di una cultura capace di tollerare e accogliere ogni tradizione in quanto ‘madre delle religioni’.

Vivekananda era stato discepolo di Ramakrishna, figura centrale della rinascita hindū dell’Ottocento: un mistico che seppe trovare nella devozione alla dea Kālī la via d’accesso a una comprensione dell’unità di tutte le religioni, che egli stesso praticò seguendo tradizioni diverse dalla propria, in particolare l’islamica e la cristiana. Richiamandosi a lui Vivekananda fondò un ordine monastico (Ramakrishna Math) e un’organizzazione umanitaria (Ramakrishna Mission) con ampia apertura interreligiosa.   

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