Diversità, unicità e unità

 

upanishads “Beati i puri di cuore perché vedranno Dio", ha detto Gesù. La purezza del cuore e della mente è una condizione essenziale per coloro che sono sul sentiero della Verità. Noi tutti crediamo che non ci può essere che un solo Dio o una sola Fonte. Tutti veniamo da quell'unica Fonte e tutti vi ritorniamo. Tutti i grandi saggi o maestri bevono dalla stessa Fonte e attingono acqua dalla stessa Fonte. Tutti traggono le loro parole da quel medesimo Fondamento. Le diverse religioni danno nomi diversi ad esso e ciascuno lo descrive in un modo unico. Ogni grande saggio ha una comprensione unica di quella Fonte e una modalità unica di narrare quella Fonte. Potrebbe sembrare che essi non solo sono diversi fra loro ma che le loro differenze siano inconciliabili. Finora le religioni hanno ordinariamente vissuto in modo separato, ognuna chiusa nel proprio ambito, e spesso cercando di espandersi nello spazio di altri, diventando così principio di conflitto e di violenza. Oggi, grazie a Dio, siamo in un mondo di dialogo interreligioso in cui sono stati fatti seri sforzi per riconciliare le religioni. Anche se questi sforzi non hanno ancora prodotto molti risultati concreti, si tratta di una chiamata ammirevole.

Oggi è comune suddividere le tradizioni religiose in due categorie principali: la tradizione sapienziale e la tradizione profetica. Le religioni come l'induismo, il buddhismo, il giainismo e il taoismo appartengono alla tradizione sapienziale e religioni come il giudaismo, lo zoroastrismo, il cristianesimo, l’islam e i baha’i appartengono alla tradizione profetica. Ogni tradizione ha il suo approccio unico alla Verità. Questa suddivisione ci aiuta a comprendere l'unicità di ogni tradizione spirituale e anche le differenze tra loro. Il futuro dell’umanità dipende dall'unione di queste due tradizioni.

In questo articolo vorrei cercare di mostrare il cammino spirituale comune a tre di queste religioni: l'induismo, il buddhismo e il cristianesimo. Voglio mostrare che 1) le condizioni di partenza di ciascuna di queste tradizioni spirituali sono diverse, 2) ciascuna di queste tradizioni spirituali ha avuto una esperienza unica di quella Fonte, e che 3) alla Fonte di ciascuna di queste tre tradizioni spirituali vi è un’essenziale unità. Non sto tentando di presentare una elaborata spiegazione scientifica ma piuttosto una presentazione intuitiva, sintetica, che ci permetterà di vedere elementi comuni nelle tre religioni.

I saggi delle Upanishad e l'induismo

Partirò dall’insegnamento della Mandukya Upanishad e della Chandogya Upanishad dell’induismo per discernere un filo comune nelle suddette tre religioni (ogni Upanishad ha un approccio unico alla Verità, anche se la Verità essenziale di tutte le Upanishad è la stessa: l'identità dell'atman con il Brahman). Queste due Upanishad presentano la natura della verità o della realtà secondo quattro livelli di coscienza. Il primo livello è chiamato “coscienza di veglia”, il secondo livello è chiamato “coscienza di sogno”, il terzo è “coscienza di sonno profondo” e il quarto “coscienza risvegliata”. I primi tre livelli presentano aspetti sia fisici sia spirituali.

1. La coscienza di veglia, a livello corporeo, significa essere in uno stato di veglia fisica. È lo stato di coscienza da quando ci alziamo la mattina fino a che andiamo a dormire. I nostri sensi sono svegli. Concretamente, la coscienza di veglia indica uno stato in cui ci identifichiamo con il nostro corpo fisico e viviamo per soddisfare soltanto i nostri desideri fisici e le nostre ambizioni. Tutto ciò che facciamo è finalizzato a soddisfare le esigenze del nostro corpo e dei nostri sensi. Possiamo dire che nella coscienza di veglia i nostri sensi sono svegli e indulgono alla loro soddisfazione. In questo stato la nostra identità è nel corpo: io sono il mio corpo. Possiamo descrivere questo livello come “mente individuale” o “coscienza individuale”. La verità è individualistica. Una persona dice: “Io (il corpo, l'individuo) sono la via, la verità e la vita”. Si tratta di una visione molto materialista.

 

2. La coscienza di sogno, colta a livello del corpo, indica il momento in cui si inizia a sognare mentre si è fisicamente addormentati; dura fino al momento in cui i sogni terminano. A livello spirituale, significa vivere la nostra vita secondo dei sogni o degli ideali. Abbiamo ideali da seguire e persone ideali da imitare. Normalmente, questi ideali e modelli sono presi dal passato. Siamo ispirati da grandi personalità e dai loro ideali e vogliamo imitarli. Poniamo il nostro corpo e i nostri sensi sotto la guida di questi ideali e di questi modelli. Qui il passato entra nel presente e conduce verso il futuro. Il presente è solo un veicolo per il passato per andare verso il futuro. Il presente non ha una vita propria, ma permette al passato di vivere in e attraverso di esso. Il presente è al servizio del passato, anche se alcuni cambiamenti possono essere fatti ora e successivamente mediante una riforma. Il presente non è libero. Il presente riceve la sua identità dal passato. Tutti gli ideali religiosi appartengono alla coscienza di sogno. In questo stato la nostra identità porta ognuno di noi ad affermare: “Io sono un indù” o “Io sono un buddhista” o “Io sono un ebreo” o “Io sono cristiano”, ecc. Possiamo chiamare questa coscienza “mente collettiva” o “coscienza collettiva”. Questa coscienza collettiva ci unisce ad alcune persone e ci divide da altre. Questa coscienza mira a proteggere ma ha anche una possibile missione di espansione. A questo livello la vita di una persona è guidata dal codice morale di una religione particolare. La verità è un ideale, una struttura di credenze. Una persona dirà: “La religione o un ideale è la via, la verità e la vita”.

 

3. La coscienza di sonno profondo, a livello corporeo, indica uno stato di sonno senza sogni. È lo stato tra un sogno e il successivo. A livello spirituale segna lo stato in cui i sogni hanno fine, sogni nel senso di ideali e persone ideali da imitare. Significa che il passato giunge al termine. Quando il passato termina, termina anche il futuro, dal momento che il futuro non è altro che la continuità del passato. In questa libertà dal passato e dal futuro, il presente diventa originale e creativo. Si connette alla Realtà eterna (Dio) e manifesta l'eternità nel presente. Qui la propria identità non è con il corpo o con i propri ideali, ma con l'eternità. Una persona dirà: “Io sono” (anche se non nel senso del divino “IO SONO”).Possiamo chiamare questo livello “mente universale” o “coscienza universale”. Una persona si identifica con tutto e vive per tutto. In questa coscienza non ci sono confini ideologici. Questo “Io sono” trascende tutti i confini. Non ha alcun protezione né missione di espansione. Invita le persone a trascendere la coscienza collettiva e a entrare in una coscienza universale. Si tratta di una coscienza che abbraccia ogni cosa. In questa coscienza una persona non è guidata da un codice morale esterno ma da una comprensione interiore. Qui la verità è universale. Una persona dirà: “Io sono la via, la verità e la vita”. Qualunque cosa questa persona fa agli altri, la fa a se stessa.

4. La coscienza risvegliata è una coscienza in cui una persona si rende conto di essere uno con il Brahman o atman o Dio. Una persona dichiara: “Io sono Brahman” (aham brahma asmi). Possiamo chiamare questo livello “coscienza unitaria” o “coscienza non duale” (advaita). Qui l'identità è “IO SONO” (l'”Io sono colui che sono” della Bibbia). Qui la verità è Dio. Una persona dirà: “Brahman o Dio è la via, la verità e la vita”. Questo “IO SONO” è reale ed eterno, mentre gli altri tre livelli di coscienza sono descritti come non reali o non eterni. Reale è ciò che non ha inizio né fine mentre non-reale è ciò che ha inizio e fine. Dal momento che Brahman, ossia la coscienza risvegliata, non ha inizio né fine, viene chiamata “Reale” (Sat)[1], eterna, mentre gli altri tre livelli, che hanno inizio e fine, sono chiamati non-reali. Il nostro cammino spirituale è andare dal non-reale al Reale. Vi è una famosa preghiera contenuta nelle Upanishad che recita:

     Conducimi dal non-reale al Reale,

     Dalla tenebra alla Luce,

     Dalla morte alla Vita Eterna.

Secondo la Mandukya e la Chandogya Upanishad, una persona inizia la sua comprensione con il primo livello di coscienza e poi si muove lentamente verso il quarto livello di coscienza. Si tratta di un lungo itinerario. Nella Chandogya Upanishad, Prajapathi, il maestro spirituale o guru, guida il suo discepolo Indra a comprendere questa verità. Per Indra ci vuole un cammino complessivo di 101 anni. La prima fase dura 32 anni, la seconda 32 anni, la terza 32 anni, e la quarta 5 anni. Questi sono numeri simbolici per mostrare che il viaggio è lungo e difficile. Bisogna avere forte determinazione, dedizione, capacità di porsi domande, e devozione al maestro e alla verità. Non ci si dovrebbe fermare lungo il cammino come il discepolo Virochana, che è rimasto soddisfatto con la prima fase, né ci si dovrebbe accontentare semplicemente delle sacre scritture, che appartengono al secondo livello, dal momento che una persona che si dirige verso la coscienza universale è più grande delle scritture. Il Mundaka Upanishad parla di due tipi di saggezza: paravidhya (“saggezza superiore” o esperienza non-dualistica, advaita) e aparavidhya (“saggezza inferiore” o esperienza dualistica). Paravidhya è l'esperienza diretta della Verità e aparavidhya è la comprensione indiretta di essa. Anche i quattro Veda (la verità rivelata) appartengono alla saggezza inferiore. Noi iniziamo con l'aparavidhya e entriamo nella paravidhya. I saggi delle Upanishad erano spiriti universali e quindi non possono essere messi in nessuna categoria quale l’induismo. L'induismo è un sistema di credenze, mentre i saggi erano oltre le credenze.

Il Buddha e il buddhismo

Vorrei ora prendere i quattro livelli di coscienza delle Upanishad e impiegarli per interpretare il cammino spirituale del Buddha e i diversi corpi del Buddha nel buddhismo. Induismo e buddhismo sono religioni sorelle. Ci sono alcuni concetti – come karma, reincarnazione, dharma, e sannyasa – che sono comuni a entrambe. Il Buddha ha respinto l'eccessivo intellettualismo delle Upanishad, i violenti sacrifici animali dei riti vedici e il sistema sociale delle caste, che attribuì un ruolo dominante alla casta dei brahmini. Ha aperto la possibilità di vita spirituale a tutti, comprese le donne. Ha rifiutato l'autorità dei Veda e la divisione della vita nelle quattro fasi di brahmacharya (la vita spirituale dello studente), grhasta (la vita familiare), vanaprasta (la vita eremitica), e sannyasa (la vita da vagabondo). Si può dire che egli ha respinto varnasramadharma, che è il fondamento dell'induismo. Ha sostenuto la rinuncia immediata per chiunque è pronto a rinunciare al mondo, in qualsiasi momento. Ma ci sono anche molte somiglianze tra il buddhismo e l'induismo, alcune delle quali diventano chiare se guardiamo a quattro importanti fasi della vita del Buddha.

 

1. Siddhartha, l’uomo. Il Buddha ha iniziato la sua vita come Siddhartha, il figlio di un re che viveva in una zona vicino all'attuale confine tra India e Nepal. Siddhartha era la coscienza individuale del Buddha, la sua coscienza di veglia. Cercò di trovare appagamento ai suoi desideri fisici e alle sue ambizioni, ma non ne rimase soddisfatto. Sentì che qualcosa mancava, così lasciò la moglie, il figlio, i suoi genitori e il suo regno e se ne andò in cerca della liberazione.

 

2. Siddhartha, il cercatore. Dopo aver lasciato la moglie, il figlio, e la casa, Siddhartha divenne un cercatore. Tentò di seguire diversi tipi di percorsi spirituali esistenti a quel tempo, al fine di trovare ciò che stava cercando: la libertà interiore e la pace. Possiamo dire che viveva nella coscienza di sogno, perseguendo ideali e persone ideali. Non era ancora originale e stava semplicemente imitando altri. Ma non fu soddisfatto dagli insegnamenti ricevuti e creò delle pratiche spirituali proprie. Tuttavia restò deluso anche da queste, il che lo portò vicino alla morte fisica.

 

3. Siddhartha diviene il Buddha, il Risvegliato”. Deluso dalle sue pratiche, Siddhartha si sedette sotto l'albero della bodhi in meditazione profonda, il che lo aprì alla mente universale, o coscienza universale. Egli andò oltre il passato e il futuro verso l'eternità e gustò la realtà senza tempo. Da quell’eternità vide le successive fasi del tempo, che sono il prodotto del desiderio. Divenne risvegliato, il Buddha, e raggiunse la liberazione, il nirvana. Questa coscienza universale era precedente a Siddhartha. Il buddhismo insegna che Siddhartha non è stato il primo a comprendere questa verità. Prima di lui ci sono stati molti altri che ne ebbero coscienza, così che Siddhartha è solo uno dei Buddha e non l'unico. A questo livello è entrato nella coscienza di sonno profondo ed è diventato una persona originale che ha proposto il proprio originale cammino verso la Verità, invece di ripetere la scoperta o la verità di qualcun altro. È diventato un maestro originale e ha parlato a partire dalla sua autorità interiore.

 

4. Siddhartha stabilito nella Saggezza, Buddha. Siddhartha non è stato solo “risvegliato” (il Buddha), ma è stato anche stabilito definitivamente in quella coscienza risvegliata. Fu sempre vigile, in uno stato permanente di unità. Possiamo chiamare questa esperienza del Buddha “coscienza unitaria”, “coscienza non duale” o advaita.

 

In sintesi, abbiamo l'uomo Siddhartha (coscienza individuale), Siddhartha cercatore di ideali (coscienza collettiva), Siddhartha il Buddha (risvegliato, la coscienza di sonno profondo), e Siddhartha il Buddha, sede permanente di sapienza (coscienza unitaria).

 

Queste quattro fasi possono anche essere espresse con termini esplicitamente buddhisti. Questa tradizione parla propriamente di tre corpi (kaya) del Buddha: il Nirmanakaya (corpo fisico), il Sambogakaya (corpo universale), e il Dhammakaya o Dharmakaya (il Fondamento), ma potremmo aggiungere un altro corpo, il corpo dei suoi insegnamenti, e chiamarlo dhammakaya (con la d minuscola). Ne segue che si può affermare del Buddha di avere quattro corpi o quattro livelli di coscienza:

 

1. Nirmanakaya è il corpo fisico del Buddha, Siddhartha. Ma dopo la sua illuminazione il suo corpo si estende anche a tutto l'universo fisico, così che l’intero universo manifesto è il corpo fisico del Buddha.

2. dhammakaya sono gli insegnamenti del Buddha. Sono le parole pronunciate dal Buddha come registrate nel corso della storia. Sono diventate una fonte di autorità per il buddhismo.

3. Samboghyakaya è il corpo universale del Buddha, oltre il tempo e lo spazio. È la coscienza universale del Buddha, il ponte tra Dhammakaya, da una parte e dhammakaya e Nirmanakaya dall'altro. Samboghyakaya non è limitato dagli insegnamenti del dhammakaya. Piuttosto, è la Parola da cui tutte le parole o insegnamenti vengono. Questa Parola non può essere resa con parole. La Parola è come lo spazio infinito, mentre le parole (insegnamenti) sono come lo spazio tra quattro pareti.

4. Dhammakaya è l’aspetto eterno di Buddha. È più ampio di Samboghyakaya ed è come il mozzo di una ruota. È il fondamento di tutti i corpi, che regge tutti gli altri corpi e li trascende. Possiamo chiamare questo “coscienza unitaria” o “coscienza non duale”.

 

Se prendiamo il simbolo di un albero, le foglie rappresenterebbero Nirmanakaya, i rami dhammakaya, il tronco Samboghyakaya, e le radici Dhammakaya. C’è solo un albero, ma si manifesta su quattro livelli.

 

Da questo punto di vista, dhammakaya (i rami) è più ampio di Nirmanakaya (Siddhartha, la foglia), nel senso che vive più a lungo del Siddhartha fisico. Samboghyakaya (il tronco) è più ampio di dhammakaya, dal momento che sostiene gli insegnamenti (rami), ma non è condizionato da essi; Samboghyakaya può modificare le espressioni del dhammakaya. Dhammakaya (le radici) è più ampio di Samboghyakaya, dal momento che Samboghyakaya è il corpo manifestato e Dhammakaya è il corpo non manifestato. Dhammakaya è autonomo. È come il Brahman dei Veda. È eterno. Perciò il Buddha non può essere limitato al suo corpo fisico e ai suoi insegnamenti. Egli non è limitato ai suoi insegnamenti ma è più grande di loro e ha anche il potere di cambiarli. La missione principale del Buddha è stata quella di invitare le persone a crescere verso Dhammakaya e non solo di stabilire dhammakaya (un corpo di insegnamenti). Il corpo dei suoi insegnamenti è come una zattera che si usa per attraversare il fiume del samsara verso il nirvana. È il ponte tra il samsara e il nirvanaSamsara è lo stato di ignoranza in cui la persona è condotta dai suoi desideri e il nirvana è la liberazione dai desideri. Una persona vive di libertà interiore.

 

 

Cristo e il cristianesimo

 

Mantenendo la nostra enfasi sul numero quattro, possiamo anche vedere quattro tappe importanti nel cammino spirituale di Gesù:

 

1. Gesù, l'uomo. Il primo livello di Gesù fu la sua nascita fisica e la sua identità fisica. Era un uomo. In quanto corpo fisico, ha avuto una propria coscienza individuale. Questa era la sua coscienza di veglia.

 

2. Gesù, l'ebreo. Dopo la sua circoncisione Gesù entrò a far parte della coscienza collettiva ebraica. Non era solo un uomo fisicamente ma anche un ebreo. Come ebreo era unito con tutti gli altri ebrei, ma separato dai non ebrei, i cosiddetti “gentili”. Come ebreo aveva la Legge, la Torah come suo ideale e grandi personaggi della sua tradizione come Abramo, Isacco, Giacobbe e Mosè quali modelli da imitare. La struttura della fede ebraica era la sua coscienza di sogno. In questa fase Gesù non era originale, dal momento che ancora apparteneva alla sua tradizione spirituale e vi dava continuità, essendo guidato dal suo codice morale. Come ebreo avrebbe potuto dire: “L'ebraismo è la mia strada, la mia verità e la mia vita”. Ma ha cominciato a rendersi conto dei limiti della sua religione, non era soddisfatto. Questo lo ha portato al terzo importante momento della sua vita: il suo battesimo.

 

3. Gesù il Cristo, il Figlio di Dio. Al momento del suo battesimo Gesù si è allontanato dalla coscienza collettiva del giudaismo ed è entrato nella “mente universale” o nella “coscienza universale”. Si è pensato come il Figlio di Dio e ha fatto esperienza della Nuova Alleanza, la Legge interiore o Verità interiore. A questo livello la sua identità era solo “Io sono”, che era libertà dal passato e dal futuro. È andato al di là della Torah e ha potuto dire: “È scritto nella vostra Legge, ma io vi dico”. È diventato libero e originale. Ha proposto la sua strada per la verità, diventando un’autorità a partire dalla propria esperienza. Possiamo dire che, al momento del suo battesimo, Gesù è uscito dalla sua coscienza di sogno (ebraismo) ed è entrato nella “coscienza di sonno profondo”. A questo livello poteva dire: “Io sono la via, la verità e la vita”. Come Figlio di Dio, egli è il ponte tra Dio e il popolo. È come un tronco.

 

4. Gesù Cristo identico a Dio. Gesù ha fatto un passo ulteriore e si è concepito come identico con Dio: “Il Padre e io siamo uno”, ha dichiarato. Si è stabilito in tale identità eterna con Dio. Questo era il suo quarto livello di coscienza. A questo livello Dio è la via, la verità e la vita. Gesù ha detto: “Le opere che io compio non sono mie ma del Padre che le compie in me”.

 

In questo senso si può anche dire che Gesù ha quattro corpi. Il primo è Gesù di Nazaret, il corpo fisico (Nirmanakaya o coscienza di veglia). È apparso duemila anni fa ed è scomparso dopo i 33 anni della sua vita terrena. Il secondo corpo è il suo insegnamento (dhammakaya o coscienza di sogno), che esiste da duemila anni e continua oggi a guidare una grande parte dell'umanità, mentre il terzo è il suo corpo universale (Samboghyakaya, il Cristo universale e cosmico), che non è limitato al tempo e allo spazio, ma è presente ovunque. Questo corpo universale era prima del suo corpo fisico e dei suoi insegnamenti. Il corpo finale, il quarto, è la sua unità con il Padre, Dio (Brahman e Dhammakaya). Come dice san Giovanni: “In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio ... Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. Dio ha manifestato ogni cosa in e attraverso quel Verbo. Gli insegnamenti di Gesù sono superiori al suo corpo fisico in quanto durano più a lungo. Il suo corpo universale (Verbo) è superiore ai suoi insegnamenti, dal momento che non possiamo ridurre il Verbo alle sue parole o ai suoi insegnamenti.

Il Figlio di Dio o corpo universale non è identico ai suoi insegnamenti. Egli può anche cambiare i suoi insegnamenti a seconda della situazione in cui vengono offerti. La sua identità divina è superiore al suo corpo universale, perché il corpo universale appartiene ancora al livello della manifestazione. Il Verbo era Dio. La sua identità divina è il fondamento degli altri tre livelli, proprio come il mozzo da cui i raggi di una ruota si irradiano. Gesù è venuto da Dio e a Dio è ritornato. Nel cristianesimo si dice che Gesù è al cento per cento divino e al cento per cento umano. Egli è un essere umano al cento per cento sui primi tre livelli ed è al cento per cento divino al quarto livello. Questo potrebbe anche essere detto dei saggi delle Upanishad e del Buddha. I saggi delle Upanishad erano divini al cento per cento al quarto livello di coscienza, a partire dal quale poterono dire: Aham brahma asmi (“Io sono Brahman”). Ma erano anche umani al cento per cento ai tre livelli inferiori, così che potevano pregare di essere condotti dal non-reale al Reale. Lo stesso vale per il Buddha. Egli era divino al cento per cento nel suo Dhammakaya e umano al cento per cento nei tre corpi inferiori.

 

 

Singoli saggi e mente universale

 

Dobbiamo distinguere tra i singoli saggi delle Upanishad e la mente universale. I singoli saggi, come corpi fisici, non sono identici con la coscienza universale, dal momento che quest’ultima esisteva prima dei singoli saggi. Si manifesta attraverso di loro ma non si esaurisce in essi. È per questo motivo che la stessa verità viene comunicata attraverso ogni saggio in modo unico. Ogni Upanishad spiega la stessa verità in un suo modo unico. Nessun saggio ha l’ultima parola su di essa. È interessante notare che la tradizione indù non dà molta importanza ai corpi fisici di questi saggi, non c'è molto culto e venerazione. L’enfasi è data ai loro insegnamenti e all’eterno Brahman e atman.

 

 

Siddhartha e il Buddha

 

Dobbiamo anche distinguere tra Siddhartha e il Buddha, perché non sono identici. La coscienza del Buddha è anteriore a Siddhartha. Il Buddha si è manifestato in Siddhartha ma non in modo esaustivo. Siddhartha è entrato nella coscienza del Buddha, ma il Buddha è più grande di Siddhartha. Ci sono state molte persone che sono state risvegliate alla coscienza del Buddha prima di Siddhartha. Siddhartha non è stato l'unico Buddha ma uno dei tanti. Anche se nel buddhismo l’accento è posto sulla ricerca del nirvana, c'è anche molta venerazione della forma fisica del Buddha, Siddhartha.

 

 

Gesù e il Cristo

 

Lo stesso principio vale anche per Gesù. Dobbiamo fare una sottile distinzione tra Gesù e il Cristo. Gesù, come corpo fisico, non si identifica con il Cristo, la coscienza universale. La coscienza di Cristo esisteva prima di Gesù. La coscienza di Cristo si è manifestata in Gesù ma non in modo esaustivo. Gesù, come corpo fisico, ha avuto un inizio e una fine, ma il Cristo, come coscienza universale, non ha inizio né fine. Gesù, come corpo, è una foglia sull’albero, mentre il Cristo è il tronco. La coscienza della foglia è entrata nella coscienza del tronco ma non si identifica con esso. Ci sono molte altre foglie sul tronco. Ma sembra che nel giudaismo questa esperienza non abbia precedenti. Nessuno in quella tradizione ha avuto quell’esperienza prima di Gesù. Egli è stato il primo a viverla e per questo motivo è entrato in conflitto con le autorità spirituali della sua tradizione. È stato accusato di blasfemia e ha incontrato una morte violenta.

 

 

La diversità, l'unicità e l'unità

 

Al primo livello di coscienza, che è il livello fisico, i saggi delle Upanishad, Siddhartha e Gesù sono diversi. Essi sono nati in tempi diversi e in condizioni socio-politiche e spirituali diverse. Sembra che la ricerca dei saggi delle Upanishad abbia avuto inizio durante il periodo in cui la fede nell’efficacia di riti vedici era in declino e c’era abbastanza prosperità economica perché le persone avessero il tempo e l’agio necessari per porsi le domande fondamentali della vita. Esse si concentrarono sull’eterno, il Reale. La risposta che trovarono fu atman e Brahman. Tennero segreta la loro scoperta e la comunicarono solo a coloro che ritennero degni di conoscerla. Non furono missionari.

 

Sappiamo che Siddhartha nacque in una famiglia reale circa 500 anni prima di Cristo. Aveva degli interrogativi personali. I sacrifici vedici non lo resero felice né lo soddisfece l’estremo intellettualismo dei saggi vedici. Inoltre fu turbato dal sistema delle caste e dalla divisione della vita in diverse tappe. Rinunciò a sua moglie, a suo figlio e al suo regno e andò cercando la liberazione. Dopo la sua illuminazione divenne un missionario itinerante e dedicò la sua vita ad aiutare gli esseri senzienti per trovare la libertà dal samsara. Morì in età avanzata.

 

Gesù nacque in Palestina, in un’epoca in cui si era sotto l'occupazione romana e il suo popolo era in attesa di un messia che lo avrebbe liberato dall’oppressione romana. La società era divisa in giusti e ingiusti. Gli scribi e i farisei si consideravano giusti, mentre i pubblicani, le prostitute e i peccatori, coloro che non osservano la Legge, erano considerati ingiusti. C’era anche divisione tra ricchi e poveri. Dopo la sua illuminazione cominciò a predicare il suo messaggio del regno di Dio. Il suo insegnamento divenne discutibile. Venne accusato di blasfemia e incontrò una morte violenta nel fiore della sua vita. Prima di morire affidò la sua missione ai suoi discepoli, che propagarono il suo messaggio.

 

Al primo livello di coscienza, i saggi delle Upanishad, Siddhartha e Gesù erano diversi. Sono nati in epoche diverse, con strutture sociali e condizioni politiche diverse.

Anche al secondo livello di coscienza erano diversi. Le loro domande e i loro problemi erano diversi. Le loro tradizioni filosofiche e teologiche erano diverse. I saggi delle Upanishad erano preoccupati dell'Eterno: “Che cosa è quella cosa trovando la quale troviamo ogni cosa, e cos'è quella cosa conoscendo la quale conosciamo ogni cosa?” era la loro domanda. La risposta che essi hanno trovato è stata Brahman e atman. “Qual è l'origine della sofferenza e come esserne liberati?” era la domanda di Buddha. La risposta trovata è stata la libertà dal desiderio. “Come si può stabilire una società giusta, dove ci sia amore, libertà e uguaglianza?” potrebbe essere stata la domanda di Gesù. La risposta trovata è stata il regno di Dio, l’amore radicale per Dio e l’amore radicale per il prossimo.

Al terzo livello di coscienza, che è la coscienza universale, i saggi delle Upanishad, il Buddha e il Cristo hanno avuto un’esperienza unica della realtà eterna. Il modo in cui essi l'hanno sperimentata, descritta e manifestata è stato unico. Il modo in cui noi ci imbattiamo nella coscienza universale dipende dalle domande con cui facciamo il nostro cammino. I saggi delle Upanishad, il Buddha e Gesù Cristo erano unici perché le loro domande erano uniche. La risposta che noi troviamo dipende dalle domande con cui iniziamo il nostro cammino. Se le nostre domande cambiano, anche la risposta cambierà. 

Al quarto livello di coscienza erano tutti uno. C’è perfetta unità. Al quarto livello di coscienza, che è quello della coscienza unitaria, i saggi delle Upanishad, il Buddha e il Cristo sono tutti essenzialmente uno. Non vi è alcuna differenza essenziale. L’unità al quarto livello non si basa su concetti, che sono artificiali e che si perdono una volta che la persona cambia i suoi concetti. Lì l'unità è essenziale. Hanno iniziato in modo diverso, hanno vissuto in modo unico, ma hanno realizzato l'unità.

 

 

Il dialogo interreligioso

 

Nel dialogo interreligioso la nostra attenzione si concentra sul corpo degli insegnamenti dei saggi delle Upanishad, del Buddha e di Cristo. Ciò appartiene al secondo livello di coscienza. Non è possibile arrivare ad un consenso a questo livello. Si tende a imprigionare i saggi, Buddha e Cristo nei loro insegnamenti. Stiamo esaminando il tronco e le radici con gli occhi di una foglia e di un ramo. Abbiamo bisogno di cambiare radicalmente la nostra prospettiva. Abbiamo bisogno di spostarci dal loro corpo di insegnamenti al loro corpo universale e unitario. Abbiamo bisogno di guardare la foglia, il ramo e il tronco dalle radici, perché solo allora potremo vedere l’unicità di ogni ramo e di ogni foglia e anche i loro limiti. Questa prospettiva ci aiuta a trovare risposte creative alle domande che la gente sta ponendo oggi. Significa che dobbiamo liberare i saggi delle Upanishad dai loro insegnamenti, abbiamo bisogno di liberare il Buddha dai suoi insegnamenti e abbiamo bisogno di liberare Cristo dai suoi insegnamenti. I saggi delle Upanishad non si identificano con l’induismo, il Buddha non si identifica con il buddhismo e Cristo non si identifica con il cristianesimo. La coscienza universale è una. Essa si è manifestata in modo unico nei saggi delle Upanishad, in Siddhartha, e in Gesù, ma non si esaurisce in essi. Questa coscienza era prima di loro e continuerà a esserlo in futuro. Essa si manifesterà in modo unico per i nostri tempi, a condizione che noi facciamo il nostro viaggio con le nostre specifiche, proprie domande originali. Le nostre originali e creative domande ci portano originali e creative risposte da parte di Dio. Se iniziamo la nostra ricerca con le domande di qualcun altro, le risposte che otterremo saranno identiche. Sarebbe un processo meccanico. Abbiamo bisogno di fare domande originali, a partire dalle situazioni in cui ci troviamo. Questo è ciò che i saggi delle Upanishad, Siddhartha, e Gesù hanno fatto. Per questo abbiamo bisogno di avere una mente pura e un cuore puro, disposti a liberarsi dai loro condizionamenti e diventare vergini, in modo che possano dare alla luce la verità originale e creativa. “Beati i puri di cuore perché vedranno Dio [la Verità]”.

 

 

Riproponiamo - nella traduzione italiana di fr. Andrea Oltolina, osb (Dumenza) - l'articolo inglese apparso sulla newsletter n. 88 di Interdependence (luglio 2013). Il testo è stato pubblicato sul sito del DIM Italia.

 

 

 

 

 

   

 

 



[1] Sat (“Reale”) è ciò che esiste per se stesso, asat (non-reale) è ciò la cui esistenza dipende da altro.

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