Un tipico rito del mondo secolarizzato, dominato dal meccanismo produttivo, è la sua apparente sospensione in coincidenza, almeno qui da noi, della stagione più propizia per accedere a quei consumi che l’industria turistica allestisce con dovizia. Quel che si cerca in questo tempo di soddisfare, riuscendovi peraltro solo raramente in senso autentico, è un’esigenza profonda e insopprimibile: la rigenerazione del corpo e dello spirito che sottragga l’esistenza al logorio della routine.
Ciò sia detto, naturalmente, per quella parte dell’umanità a cui sono risparmiate le durezze della sopravvivenza, o altre circostanze che cambiano interamente le aspettative. Non vanno in genere in vacanza quanti vivono alla periferia del meccanismo produttivo, sia che aspirino ad entrarvi a pieno titolo, sia che se ne sentano progressivamente esclusi, sia che ancora appartengano a orizzonti culturali in cui altre forme di vita, e altre modalità di rigenerazione, sono ancora possibili.
In ogni caso, cogliendo nelle cose la possibilità migliore, pensando cioè a una pausa che sia di effettivo arricchimento, buone vacanze.