Interdependence è un’associazione che riunisce in sé varie visioni sul mondo in una prospettiva di dialogo e di ricerca interreligiosa e interculturale. Il nome suggerisce che non si deve basare il pensiero e l’azione sul conflitto, ma sull’incontro e sulle corrispondenze. L’interdipendenza infatti è alla base dei rapporti umani e dell’essere stesso, che nella sua totalità è interdipendente.
Non posso dunque che desiderare che con la comunità gay si inauguri un dialogo costruttivo e continuativo, perché ciò che ci unisce nella fraternità umana è molto più di quello che ci divide.
Tale dovrebbe essere il senso di questo incontro, a cui avete chiesto di intervenire dicendo che non dovrebbero esserci vincitori e vinti ma una proficua collaborazione. Ebbene, io mi sento di impegnarmi profondamente affinché sia così; ma bisogna allora che dall’una e dall’altra parte si comprenda davvero ciò che per ciascuno è irrinunciabile, e anche i pericoli a cui senza avvedercene andiamo incontro.
In questa prospettiva vorrei mettere sul tavolo alcuni argomenti di civile e fraterno dibattito.
Innanzitutto capisco che per voi sia indispensabile ottenere una normativa efficace sulle unioni civili. Bisognerebbe allora aiutarvi a ottenerla, e da parte mia avete il più totale sostegno.
Bisogna però che d’altra parte capiate cosa significa la richiesta, che sta salendo dal profondo della società e che è condivisa in genere dalle diverse tradizioni religiose, di rispetto per la famiglia. Troppo spesso ormai si sente parlare con disprezzo della “famiglia tradizionale”, vista come qualcosa di falso: la “famiglia del Mulino Bianco”. Ebbene, come giustamente si chiede rispetto e riconoscimento per i legami affettivi, è giusto rispettare l’istituzione che da sempre è alla base di ogni società e cultura: la famiglia.
Vi invito allora a riflettere sull’adozione da un altro punto di vista: pensando che i figli siano un dono e non un diritto. E lo dico per esperienza personale, perché io ho ricevuto inaspettatamente questo immenso dono in età molto giovane. Avevo ventitré anni, e da allora ho avuto solo più doveri. Nessun diritto. A questo proposito mi piacerebbe che il dibattito politico, una volta concluso in modo soddisfacente l’esame della Cirinnà, si concentrasse sulle politiche di sostegno alla famiglia, visti anche i drammatici dati demografici.
L’ultimo spunto di riflessione riguarda gli enormi pericoli connessi all’indebolimento del concetto di famiglia, che potrebbe condurre infine al suo smembramento. Pensateci bene: cosa succederebbe se rinunciassimo alla famiglia per abbandonarci a una pseudo etica del tutto consumistica, individualistica e utilitaristica? Temo che si realizzerebbe una totale deriva, che ci consegnerebbe nelle mani di multinazionali e strapoteri economici. Ci ritroveremmo schiavi ben più profondamente che in passato: non più solo forza lavoro o consumatori, ma merce e addirittura materia prima.
È soprattutto per far fronte a questi pericoli, che incombono su noi tutti, che dovremmo fraternamente unirci in un dialogo costruttivo. Anziché combatterci dovremmo insieme fare comunità, per contrastare ciò che è già in cammino e ci minaccia tutti: il totalitarismo della tecnica e dei consumi.
Il testo riproduce un intervento svolto in un incontro promosso la sera del 25 gennaio a Torino presso la basilica della Consolata dalla Consulta dei politici cattolici, a cui hanno preso parte alcuni esponenti dell’Arcigay. Il dibattito di è svolto in un clima di civile e cortese confronto.