Radici
A cura di Interdependence
È un tempo inquieto quello che viviamo, e inquietante.
Per alcuni mesi le tensioni che lo attraversano sono state assorbite da un evento inaspettato, che è parso portare tutto alla paralisi. Anche se l’evento stesso diventava motivo di contrasto, tra i poteri che si disputano la supremazia planetaria.
E ora che il virus pare regredire, senza alcuna garanzia per il futuro e lasciando società più povere e instabili? Cosa ci dobbiamo attendere, sul piano sociale e su quello geopolitico?
La saggezza di altri tempi avrebbe detto che, poiché le cose che si svolgono nel tempo sono imprevedibili, lo sguardo si deve alzare al di là del tempo. E le religioni sono appunto questo: un radicarsi degli eventi in un piano più profondo.
Non paia fuori luogo dunque se parliamo di preghiera. Dai momenti più angosciosi di quel che abbiamo vissuto, sembra emergere un’esperienza spirituale nuova.
E neppure può stupire se, ricordando un importante filosofo da poco scomparso, riflettiamo sul tempo e sull’eternità.
È il caso di osservare che si è concluso il Ramadan, il mese in cui si ricorda la discesa del Corano, ed è trascorso il Vesak, la festa del Risveglio del Buddha. Nel mondo ebraico e in quello cristiano si è celebrata la Pentecoste. Nella versione ebraica (Shavuot) c’è la rivelazione sul Monte Sinai della Torah, che è il fondamento della tradizione religiosa del popolo di Israele; in quella cristiana la discesa dello Spirito Santo, cioè l’inizio vero e proprio della Chiesa.