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Ponti spirituali

3 PER UN VEGETARIANESIMO CRISTIANO copertina 300

Paolo Trianni, teologo che insegna presso due importanti università pontificie, la Gregoriana e l’Urbaniana, è tra i promotori e l’attuale vicepresidente del Centro Studi Cristiani Vegetariani. Il suo libro, Verso un vegetarianesimo cristiano, può essere quindi inteso come manifesto di un movimento che, seppure apparso sulla scena in tempi relativamente recenti, riveste un valore considerevole, sia per quel che è in se stesso, sia per il fatto di collocarsi nel più ampio processo di rinnovamento che sta vivendo la Chiesa Cattolica sotto il pontificato di Francesco. Poiché infatti la svolta in atto sta ponendo come qualificante per la fede l’impegno per la salvaguardia dell’ecosistema, la scelta vegetariana può esserne una testimonianza  più che significativa.

Si pongono evidentemente delicati problemi teologici.

Mentre le grandi correnti spirituali dell’Oriente non hanno difficoltà a trovarsi in sintonia con una visione ecologica - e non a caso a esse facilmente attinge il vegetarianesimo contemporaneo -, ciò non è affatto scontato per la tradizione ebraico-cristiana, spesso anzi accusata di essere corresponsabile sia del dissento ecologico sia di una visione poco sensibile rispetto alle forme viventi non umane. La questione – tale è l’intento di Trianni – deve essere affrontata con franchezza, prendendo atto che il testo biblico, compreso il Nuovo Testamento, non è tale da giustificare il vegetarianesimo e semmai presenta tutta una serie di evidenze contrarie. C’è però un punto, nient’affatto secondario, che può fornire un supporto: ed è che la collocazione umana originaria nel giardino dell’Eden presenta indiscutibilmente l’assenza della dieta carnea, la quale compare invece nella condizione successiva conseguente alla caduta. Ebbene, pensare che il vegetarianesimo possa essere letto nella prospettiva di un ritorno alla condizione originaria – cioè in fondo della storia della Salvezza - costituisce uno spunto di grande fecondità spirituale, su cui si dovrà riflettere.

Tanto più importante appare dunque l’idea dello sviluppo della dottrina, cioè che nella tradizione religiosa una verità possa non essere del tutto esplicita quando la tradizione stessa si è storicamente configurata, ma giungere a maturazione attraverso un percorso della società e della coscienza culturale. Questa è fondamentalmente la via intrapresa da Trianni, che fornisce sul piano metodologico  un suggerimento prezioso per tutta la svolta in corso nella Chiesa di Francesco. A quanti sostengono che il valore accordato all’ecologia introduce un corpo estraneo rispetto alla rivelazione cristiana si può obiettare infatti che è riduttivo far coincidere quest’ultima con le forme culturali storicamente date, necessariamente rispondenti alle esigenze di un certo contesto sociale, mentre ben più interessante è accettare che il suo senso si chiarisca nel tempo a partire da ciò che originariamente è implicito, in quanto coerente con il suo nucleo fondamentale.

Si può inoltre pensare che il lavoro di Paolo Trianni costituisca un apporto prezioso per una rinnovata comprensione della fede anche dal punto di vista di qualcosa che oggi è decisivo: cioè il rapporto della cristianità con le altre culture religiose, in particolare con le grandi tradizioni asiatiche.

La cosa è evidente innanzitutto per il tema in se stesso e per ciò che vi è implicito, ovvero la prospettiva di una “risacralizzazione” della natura. La quale a sua volta non va intesa come il regresso a una condizione precedente, il cosiddetto paganesimo a cui con orrore guardano i “tradizionalisti” odierni sulla base di una visione in fondo banalmente evoluzionistica della storia delle religioni; bensì piuttosto come rilettura spiritualmente creativa del dogma della Creazione, che semmai getta ponti verso mondi spirituali altri, non più relegati a una condizione di inferiorità ma finalmente riconosciuti in una dignità piena.

Si potrebbe pensare allora che sotto questo aspetto il lavoro di Trianni sia prezioso anche dal punto di vista metodologico. Per quanto nella prospettiva cristiana la Rivelazione sia un fatto compiuto, sottolineare che spetta all’umanità del nostro come di ogni altro tempo contribuire a esplicitarne il senso avvicina notevolmente alla visione dell’Oriente, per la quale il senso profondo delle cose, comunque inteso, si manifesta incessantemente e inesauribilmente in forme sempre nuove in ogni epoca.  Si tratta di una vicinanza assai feconda, che, ben lungi dal confondere le acque dello Spirito, le rende attingibili a un’umanità contemporanea giustamente bisognosa di sentirsi partecipe di ciò a cui è invitata a credere.

Vi si potrebbe vedere il seme di una teologia dell’interdipendenza a cui, ciascuna nella prospettiva che le è propria, le grandi correnti spirituali umane potrebbero concordemente contribuire. 

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