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N° 45 - Passare oltre l'odio - 22-03-2010

 

PASSAR OLTRE L’ODIO

Si avvicina la Pasqua, la festa più importante nella tradizione ebraica e, con diverso significato, in quella cristiana. Il suo senso fondamentale è quello del passaggio, che conduce al di fuori di una condizione di negatività: dalla schiavitù alla liberazione, dalla morte alla vita. Su tale passaggio, un evento che si rinnova costantemente nel cuore dei credenti, si basa la fede sia ebraica sia cristiana. Un passaggio che ha il valore della riconciliazione con Dio, rispetto a cui l’infedeltà umana aveva creato una frattura. Nella terza religione monoteistica, l’Islam, non c’è forse l’idea del passaggio, ma certo quella della riconciliazione.
Nel cuore della terra che fu promessa ad Abramo, e verso cui Mosè ricondusse il suo popolo, vi è la città di Gerusalemme, dove si consumò la vicenda della morte e Resurrezione di Gesù: una città santa anche per i musulmani, verso cui Allah portò di notte il Suo profeta Muhammad. Ebbene quella città, da simbolo della riconciliazione, si trova da tempo ridotta a quello dell’inimicizia. Un groviglio di paura inestinguibile e ostinata volontà di potenza la imprigiona in una guerra che pare senza fine, che si alimenta dell’odio che essa stessa di continuo produce.
Quando avverrà il passaggio oltre tutto ciò? Quando la liberazione dalla paura e dall’odio?

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LA PASQUA AL CENTRO DEL CRISTIANESIMO Ermis Segatti

Il periodo pasquale rappresenta un punto di riferimento ineludibile per i cristiani e lo dimostra fin dalle primissime origini il sorgere e il formarsi degli stessi vangeli, quasi certamente composti a partire da un nucleo narrativo iniziale proprio della passione e della risurrezione. Di lì poi si sarebbe sviluppato il ricupero, il riascolto e la trasmissione dell’insegnamento di Gesù e del brevissimo, ma intenso percorso della sua vita, come risulta oggi dai testi dei tre scrittori sinottici e di Giovanni. In un certo senso i vangeli sarebbero cresciuti a partire dalla loro parte finale, quella appunto della passione-risurrezione. Solo in seguito, a ritroso, si sarebbe risaliti agli eventi della nascita e dell’infanzia in Matteo e Luca, all’inizio della vita pubblica di Gesù dopo il battesimo nel Giordano secondo Marco, o addirittura – come in Giovanni - a tentare di dire chi mai egli fosse oltre la sua vicenda storica.
Gli eventi della passione e della risurrezione restano al centro come tali lungo tutta la storia del cristianesimo, anche se l’accento si sposta non sempre sugli stessi particolari. E ciò è facilmente comprensibile se si pensa da quale grande varietà di condizioni e di contesti umani siano costellati i due millenni che vanno sotto il nome di ‘dopo Cristo’. Così il nostro tempo e la nostra attuale condizione non stupisce che riviva oggi questi eventi con sue particolarissime istanze e li ripercorra con i suoi interrogativi di fondo.
Eppure alcune costanti si possono cogliere che consentono di accostare ogni epoca storica a quella originaria esperienza dei primi discepoli contemporanei di Gesù, i quali passarono attraverso un crogiuolo certo sconvolgente, ma infine liberante per la loro visione di Dio, di se stessi e del mondo.
Essi furono - si può dire - trascinati a scorgere nella vicenda prima disperante della passione e poi trasfigurante della risurrezione di Gesù uno svelarsi possibile di Dio fin dentro ambiti oscuri della sofferenza e della umana fragilità, luoghi della prevaricazione cieca, dell’abbandono sconsolato, addirittura del silenzio di Dio, ora invece di inattesa speranza.
E così da sempre la Pasqua è fonte nel credente di compassione divinamente e umanamente condivisa.

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Nell’atmosfera spirituale della Pasqua imminente, cominciamo a dare l’annuncio di un’importante manifestazione che stiamo allestendo, la seconda edizione di Monastero Interculturale, tanto più che il tema di quest’anno (‘Del vivere e del morire’) si connette profondamente a quell’atmosfera. Rimandiamo al sito di Interdependence (www.interdependence.eu) per interventi sulla sofferenza e la morte dal punto di vista cristiano, ebraico e musulmano.

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MONASTERO INTERCULTURALE
INCONTRI DI CIVILTÀ NELLE VALLI DI LANZO

SECONDA EDIZIONE
DEL VIVERE E DEL MORIRE

18 aprile, Monastero di Lanzo (Chiaves)
SACRA RAPPRESENTAZIONE DELLA PASSIONE

8 maggio, Coassolo Torinese
DEL VIVERE E DEL MORIRE (convegno interculturale)

La soglia che separa la vita dalla morte è la linea di confine su cui da sempre ammutolisce la razionalità discorsiva umana. Nelle odierne società di massa, ad alto livello di organizzazione sociale e tecnologica, dove la vita pare scorrere lungo binari prefissati, di fronte alla morte si dischiude una percezione più profonda, in cui la domanda sul senso dell’esistere può finalmente affiorare.
Grande importanza culturale ha sotto questo aspetto l’attuale riscoperta del morire, dopo una lunga rimozione. Anche la sofferenza, mostratasi illusoria l’idea di poterla estirpare dalla condizione umana, chiede di essere riaccolta come passaggio ineludibile e spesso fecondo nel cammino personale.
Ci sono insomma le premesse di una profonda svolta culturale. Una svolta che torna a dischiudere la dimensione spirituale dell’esistere.
Tutte le tradizioni spirituali dell’umanità sono concordi nel pensare che la morte non abbia l’ultima parola. Diversi i linguaggi, ma comune la convinzione che la vita non si esaurisca col suo limite biologico, oltre il quale si apre su altre dimensioni. Gli eventi e le circostanze della vita acquistano senso nella luce di quell’apertura.

 

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