Grazie al dito che mi indicò la luna

Grazie al ditoUna vocazione religiosa richiede, per sua stessa natura, di essere via d’accesso a un mistero che si fa via via più grande. Molti sono quelli, come Madre Teresa, che scoprono una “vocazione nella vocazione”; ovvero il cui cammino conosce a un certo momento una svolta che ne mostra un senso non prima sospettato.

Giovanni Belloni è un missionario del PIME (Pontificio Istituto per le Missioni Estere). La sua vita cambia radicalmente quando si reca in India presso l’ashram di Saccidananda, e soprattutto incontra Bede Griffiths. Parliamo di un’esperienza iniziata anni prima da Jules Monchanin e Henry Le Saux, i quali avevano istituito una comunità cristiana interamente calata entro il contesto della religiosità hindū. Bede Griffiths dunque è un monaco benedettino che è anche un samnyasin, cioè un rinunciante nella tradizione hindū, e il rapporto con lui si configura come il tradizionale rapporto tra maestro e discepolo. Il primo conduce il secondo attraverso un cammino che è di fede e di sapienza insieme, e comunque implica una profonda trasformazione personale.

Molto dell’esperienza religiosa rimane sconosciuto se non si riattinge il senso di quel rapporto. L’orientamento dominante della società occidentale se ne è allontanato da tempo, perché soprattutto dall’Illuminismo, se non addirittura dalla Grecia antica, sono cambiate le modalità della trasmissione culturale; e in quel cambiamento potrebbero essere le origini remote della secolarizzazione. In India invece esso è tuttora vivo, pur coesistendo con tutt’altro, ed è in fondo ciò di cui i pellegrini occidentali sono in cerca. 

Dopo molti anni Giovanni Belloni ha accettato di mettere per iscritto la sua esperienza. Scelta certo non facile, e non solo per la sua personale modestia; ma perché si tratta proprio di ciò che alla scrittura è irriducibile, ovvero del nucleo profondo della trasmissione orale. Ne è uscito un libro un po’ particolare, che è tale già dal titolo: Grazie al dito che mi indicò la luna (TraccePerLaMeta edizioni, Sesto Calende 2015). La luna è ovviamente la diretta esperienza del divino, il dito che la indica il maestro. Il maestro non è Dio, ma è la via che vi conduce; a lui pertanto si deve immensa gratitudine. A lui si deve infatti una seconda nascita: quella alla vita spirituale. Parliamo di un’esperienza profonda e sconvolgente, che nelle culture tradizionali, con linguaggi diversi, viene chiaramente indicata come meta autentica dell’esistenza umana. Aver perso quell’orientamento costituisce forse la più grave catastrofe della storia, per quanto stoltamente si faccia iniziare la storia proprio da essa.

 

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