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Il dialogo come missione


1986 2Il 27 ottobre del 1986 aveva luogo ad Assisi uno degli eventi più importanti di questo nostro tempo, a cui il dialogo tra le fedi e le culture non può che guardare come a ciò che più di qualsiasi altro l’ha rappresentato.

Chiaramente quell’evento aveva già alle spalle una lunga storia, ma ha dischiuso un orizzonte nuovo, che mostra aspirazioni tutt’oggi non del tutto consapevoli, alla ricerca di forme adeguate per esprimersi. Come nel detto evangelico, non si può mettere vino nuovo in otri vecchi.

Un vissuto plurimillenario ha abituato le religioni a pensarsi in una condizione di autosufficienza, entro quadri etnici e storici raramente superabili, e spesso al prezzo di gravi lacerazioni. In particolare l’idea cristiana di missione, se da un lato è coerente con l’invito ad annunciare ai popoli la Buona Novella, dall’altro si è prestata a equivoci di non poco conto, e al sospetto di essere espressione di un imperialismo culturale.

Il fatto che Assisi sia stata assunta a simbolo del nuovo orizzonte non può che indicare il senso di una spogliazione: come a significare che i possessi che rendono difficile l’ingresso nel Regno dei Cieli non sono solo materiali ma anche, paradossalmente, spirituali.  Affiora un nuovo senso della missione, fondata sull’accettazione del pluralismo intrinseco all’esperienza religiosa. Ne consegue un senso nuovo della conversione, mai più da intendere come richiesta del passaggio da una religione all’altra, bensì come apertura, entro un linguaggio dato, al Mistero che trascende ogni linguaggio.

 

Non molti sono coloro che hanno saputo formulare le categorie culturali entro cui il nuovo orizzonte può essere interpretato come lo è stato Raimon Panikkar. Il quale peraltro si è rifatto, oltre che alla sua personale esperienza, a quella di altri: in particolare ai fondatori in India dell’ashram di Saccidananda, in cui si è realizzata una profonda compenetrazione dell’esperienza cristiana con quella hindū, e soprattutto ad Henri La Saux, ovvero Swami Abhishiktananda.

La dichiarazione più nota di Panikkar, “Sono partito cristiano, mi sono scoperto hindū, sono tornato buddhista, senza per questo smettere di essere cristiano”, è da intendere come testimonianza di un percorso spirituale di tipo nuovo, che egli stesso ha chiamato dialogo intrareligioso, qualificandolo come “l’avventura mistica di vedere la verità dall’interno di più di una tradizione religiosa”.

 

Cogliamo in questa circostanza l’occasione dell’imminente pubblicazione, nell’ambito dell’Opera Omnia di Panikkar edita da Jaca Book, del secondo tomo del sesto volume, dal titolo Dialogo interculturale e interreligioso. La presentazione avverrà giovedì 14 novembre alle 18.30 presso Jaca Book, a Milano in via Frua 11, da parte della curatrice stessa Milena Carrara Pavan.

Anticipiamo un testo che costituisce il capitolo ottavo, notevolmente significativo per la riflessione che stiamo conducendo, a cui aggiungiamo un breve commento che contribuisce a esplicitarne il senso.  

  

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