
Amici cari,
sono in procinto di scendere a Otranto, dove nei prossimi giorni dovrei imbarcarmi con la nave Conscience, per una nuova spedizione nel contesto dell'impresa, di cui tutti siete a conoscenza, della Flotilla.
Quel che avverrà nei fatti non è in mio potere, ma, come spesso accade nella vita, ciò su cui dobbiamo vigilare è l'intenzione. E, per quel che mi riguarda, posso dire quel che vi dico adesso.
Quando, ormai più di un mese fa, ho sentito che avrei dovuto esser lì, è stato con la forza di una chiamata. Tutti i fili della mia vita vi conducevano, così come il ruolo che sono venuto assumendo. E a una chiamata si può solo rispondere sì o no. Se la si rifiuta, per ragioni anche umanamente comprensibili, si manca a un appuntamento con se stessi, col senso più profondo della propria vita. Se si accetta, inizia, e la metafora non è stata mai così calzante, quel viaggio verso l'ignoto che in fondo la nostra stessa vita è.
Non entrerò nel merito di quello che questa impresa rappresenta. Mi è sufficiente sapere che vi partecipano tante persone generose, che hanno sentito, come nei versi di un poeta, la campana suonare, e l'hanno sentita suonare per loro.
Suona in realtà per tutti, ma bisogna che qualcuno testimoni di averla udita, e sia disposto a mettere in gioco la sua esistenza. E questo è un caso in cui appare chiaro come, di conseguenza, un numero impressionante di persone mostri di aver udito, e si sta mettendo in moto. Fino al punto che nessuno potrà più dire di non avere udito.
Come in ogni vicenda della storia i risvolti sono assai complessi, e saranno gli studiosi del futuro a esaminarli; ma, quando si deve compiere una scelta, se si è vigilato sull'intenzione, ci si deve solo chiedere quale sia la forma in cui il male con più forza minacci l'esistenza, ed essere disposti a contrastarlo. E qui è così, per me, per tanti.
Queste fragili imbarcazioni sono oggi al centro della storia, e trasportano persone che, con le loro contraddizioni, si fanno testimoni di quel che c'è di più profondo e autentico in questo nostro tempo.
Per questo ho sentito di doverci essere.
Per essere vicino a tante, ovunque siano, vittime innocenti; e neppure mancare alla vicinanza a quanti, nel dramma della storia, sono, in ogni luogo e condizione, pensandosi per lo più in buona fede ma non senza sofferenza, dalla parte dei carnefici: che quella sofferenza scavi in loro una via di verità, ed entrino in una verità più grande della quale non cogliamo se non frammenti.
Non mi stanco mai di dire che l'unica via spirituale che meriti di essere perseguita è una via d'amore: e l'amore si rivolge a tutti, e chiede a ciascuno di trovare, nei grovigli apparentemente inestricabili della vita, il filo giusto da seguire, quello che ci salva, quali che siano le circostanze in cui siamo.
Amici cari, dunque parto. Per il momento in aereo, con l'intenzione di essere a un certo punto in mare. Se poi avverrà, e cosa succederà in seguito, non lo so e dipende da quello che maturerà nel mondo - che poi si riflette nella condizione di ciascuno.
Quel che è però importante è in se stessa la partenza.
Dobbiamo essere disposti a partire. Partire da noi stessi, innanzitutto, e metterci in cammino - o in navigazione - verso quello che ci chiama, verso il centro della vita stessa.
Verso l'amore, potrei dire - e in questo momento voglio dirlo. Verso quello che unicamente importa, e, trovato quello, è trovato tutto.
Un abbraccio.
Siate tutti sempre pronti a partire!
Dharmapala - Claudio Torrero
