Diario di viaggio. 2 ottobre
Mattina presto di giovedì.
Ieri non ho fatto in tempo a scrivere.
In serata c'è stato l'incontro di Torino, e sono felice sia andato bene. Immaginavo di potermi collegare, e ho potuto soltanto inviare un messaggio vocale. Ma non importa.
Va bene che io sia qui, e che altri si assumano il loro compito.
Proprio mentre avveniva l'incontro, nelle acque davanti a Gaza è avvenuto quello che da sempre si attendeva: l'abbordaggio dei militari israeliani e il sequestro degli equipaggi della Flotilla.
Si potrà comprendere una certa emozione qui a bordo, ma neppure forse è stato più di tanto. A un certo punto è stato acceso un grande schermo, e c'è stato un vedere insieme qual che ciascuno già vedeva col telefono e col computer. Poi si è usciti tutti insieme sul ponte, a cantare "Bella ciao", e, di fronte ai microfoni e alle telecamere, qualcuno ha commentato e ribadito il nostro impegno.
Quando un caro amico mi ha inviato un messaggio chiedendomi se avremmo proseguito, mi sono reso conto che non era neppure passata per la mente una diversa decisione.
Quel che naturalmente è importante è che non ci siano stati feriti e tantomeno morti: e la cosa non era affatto scontata. Non solo perché anni fa, quando la Flotilla era agli esordi, ci fu una strage con una decina di vittime; ma perché l'attuale governo di Israele si sta caricando di una tale negatività da far pensare che tutto sia possibile.
Diciamo che la Flotilla è protetta da tutto ciò che ha saputo suscitare. Proprio nella sua evidente fragilità è diventata un simbolo potente: è la rappresentazione più efficace di quella pace disarmata e disarmante di cui ha parlato con le sue prime parole il nuovo Papa.
Si può senz'altro denigrarla, come in molti tentano di fare, ottenendo però solo di mostrare una pochezza umana; il simbolo però va oltre ogni giudizio, va diretto al cuore degli uomini e li chiama a rimanere o ritornare tali.
Questa è la ragione profonda delle manifestazioni e degli scioperi di questi prossimi giorni.
Qualcuno dirà: cosa volete ancora? Non avete visto che non è successo niente, che semplicemente Israele ha fermato quella che era non più di una ragazzata, che addirittura - si è avuto la spudoratezza di dire - metteva in pericolo la pace?
Questo si è detto e si dirà - e quanto si può imbrogliare con le parole... Ma il simbolo è più potente, va diretto al cuore.
Si può decidere se aprire il proprio cuore oppure no, ma, anche volendolo ignorare, opera lo stesso. Semplicemente chi apre il proprio cuore è più felice, come chi è innamorato prova gioia nell'incontro con la persona amata. Chi si trattiene e si impedisce lo è semplicemente meno, e vive in qualche modo di riflesso dell'amore altrui.
Ieri mattina un amico frate francescano mi ha scritto che stiamo ripercorrendo la via che fece San Francesco per recarsi dal sultano d'Egitto - tutti la consideravano follia -, essendone accolto come uomo di pace. E già prima di partire lo pensavo, in quale scia ci stavamo collocando. E personalmente sento che non possa essere se non così.
Può aver trovato questo simbolo un varco anche nel cuore dei governanti di Israele? In coloro che non dovrebbero dimenticare come Dio promette un cuore di carne anziché di pietra?
È del tutto ingenuo pensarlo?
Ma come negare la fiducia che il simbolo comunque parli a tutti, anche a chi si è più indurito?
Il mare, così placido e luminoso quando vi siamo entrati, si è fatto più cupo e tumultuoso. Se non fossimo su una vera e propria nave ma soltanto su barchette come molti, ne avremmo da patire.
Non posso però non pensare che sono uomo di montagna, e che il mare mi ha in fondo sempre inquietato. Eppure anche il mare, come la montagna, è un simbolo potente. Richiama le profondità insondabili che sono innanzitutto della nostra mente. Richiama l'infinito. Richiama l'andare incontro all'ignoto.
È ben vero che il mare, nella nostra memoria storica, richiama gli spregiudicati avventurieri che l'hanno solcato in cerca di rapine e inganni, in alternativa ai più stabili e affidabili popoli di terra - e questa è forse la ragione della mia istintiva diffidenza. Ma queste improbabili imbarcazioni odierne si inseriscono come un correttivo nella nostra memoria storica.
Oggi si naviga ancora più disinvoltamente per altre vie, su cui più proficuamente può esercitarsi la pirateria odierna. Al confronto queste imbarcazioni paiono un ingenuo ricordo del passato, quando a navigare erano pur sempre uomini e non algoritmi. E proprio questa inattualità conferisce forza al simbolo.
E il mare stesso può diventare amico più di quanto forse sia mai stato, se non per pescatori e sinceri ricercatori dell'ignoto.
Oggi è la giornata internazionale dedicata al Mahatma Gandhi. Ben pochi forse osano festeggiare e alcuni addirittura celebrano il ritorno della guerra. Ma noi invece siamo in sintonia con lui, come con San Francesco.
E questo mare, oggi particolarmente tumultuoso, tanto che è difficile rimanere in piedi, nelle sue profondità insondabili custodisce la speranza.
