Guerra e pace

C’è un senso nella guerra spietata che distrugge la Siria e l’Iraq, insanguina vari altri luoghi dell’Asia e dell’Africa e miete le sue vittime anche in Europa? Secondo la coscienza umana più profonda, no senz’altro, quali che siano le giustificazioni.

Eppure su un altro piano, quello che comunemente si identifica con la storia, un senso c’è: quello come sempre della lotta per il potere.

Stanno riorganizzandosi gli equilibri mondiali, e si è scatenata una guerra spesso subdola, che non lascia chiaramente capire chi stia combattendo contro chi. Il pericolo è grande, forse più che in qualsiasi altra epoca.

Cosa si può fare? Protestare? E contro chi?

Eppure più che mai c’è da lottare per la pace. In modi diversi dal passato, perché diversa è ormai la guerra. Bisogna andare al nucleo più profondo delle cose, alle motivazioni per cui gli uomini tuttora vivono: che è un nucleo spirituale. Quanti proclamano che nelle religioni è la radice del problema, non sanno quel che dicono.

Al tempo stesso è indubbio che alle religioni spetti un compito non facile: lottare contro un lato oscuro che si annida in esse, che prende forma in luoghi ambigui in cui la vocazione spirituale si confonde con l’ideologia e col potere.

È un compito che ci coinvolge tutti. Le radici del male affondano in profondità nella società e nella cultura, fino a impregnare la vita di ciascuno. Occorrono cammini personali autentici, i cui semi agiscano più profondamente di quelli del male. Ma occorre anche una philosophia pacis, una cultura comune attraverso cui le tradizioni, pur restando differenti, possano incontrarsi e aiutarsi.

Tags: 3, 5, 7, 8, 9, 10, 12, 19, 24, 31, 36, 88, 109, 122

Stampa