Cultura e libertà

Due iniziative, a due giorni di distanza tra loro, hanno come protagonista il Consiglio Regionale del Piemonte: l’appuntamento del 4 luglio, per celebrare il centocinquantesimo anniversario della nascita di Tagore, e poi la serata del 6, giorno del compleanno del Dalai Lama, quando avrà luogo al Teatro Vittoria di Torino lo spettacolo Radici dell’umanità, col gruppo di danza Protidhwani di Benares. Poiché propriamente il soggetto promotore è l’Associazione per il Tibet e i diritti umani costituitasi nell’ambito del Consiglio Regionale, è opportuna una breve chiarificazione.

La causa del Tibet ha un forte valore simbolico, non solo sul piano politico ma anche su quello culturale. L’occupazione cinese dell’altopiano tibetano fu dettata ovviamente da ragioni strategiche, particolarmente pressanti nel contesto della Guerra Fredda, ma si alimentò di moventi ideologici che diedero alla vicenda un valore universale. La Cina stava infatti vivendo un’esperienza di completo sradicamento del passato, e il Buddhismo tibetano, che aveva storicamente esercitato una profonda influenza sulla Cina stessa, apparve la testimonianza vivente di ciò che andava distrutto.

I due aspetti si intrecciavano, perché i cinesi, occupando il Tibet, giungevano a minacciare l’India; e l’India, con cui il Buddhismo tibetano ha un particolare legame, rappresentava l’altra via, rispetto alla Cina, che si apriva ai mondi non occidentali per affrontare l’inevitabile modernizzazione: la via, non dello sradicamento, ma della fedeltà alle radici spirituali; la via di Gandhi anziché quella di Mao.

I due aspetti sono d’altra parte in costante rapporto: non a caso dalla via dello sradicamento sono emersi, in Cina come altrove, regimi oppressivi; mentre l’India ha potuto diventare, pur con tutti i suoi problemi, la più popolosa democrazia del mondo. Il punto è che la libertà è un fatto complesso, che può essere garantito da ordinamenti politici e giuridici, ma il cui fondamento ultimo è la ricchezza della vita interiore. L’impoverimento della coscienza è sempre condizione di asservimento.

Poiché i processi di modernizzazione, con il predominio della tecnica e dell’economia, comportano ovunque pesanti rischi di impoverimento, spesso materiale e quasi sempre spirituale, la ricchezza delle tradizioni, attraverso cui l’umanità ha custodito lungo le generazioni il senso della vita, è il patrimonio più prezioso dell’umanità.

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