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Nuove vie cristiane

antonella lumini

È sotto gli occhi di tutti, come segno dei tempi, che ad uno sguardo statistico e sociologico le religioni tradizionali occidentali si stanno svuotando. Al contempo, laddove la domanda di senso ancora persiste, c’è una sete di spiritualità che cerca nuove vie per dissetarsi, spesso guardando a oriente. È come se la Chiesa faticasse a parlare alla coscienza dell’uomo contemporaneo. Non potendosi più dare per scontata l’inclusione a livello di appartenenza ed educazione tradizionale, molte persone se ne allontanano. E il tesoro spirituale che essa custodisce, pur costituendo l’implicito in cui comunque la civiltà occidentale ancora si muove, nella sua presa diretta rimane per lo più nascosto.

In tale scenario si assiste alla crisi interna alla Chiesa. Da un lato c’è il rinnovamento, che Papa Francesco sta imprimendo e che porta con sé un’apertura nuova, un’universalizzazione radicale del precetto cristiano dell’amore, capace di sfondare ogni chiusura identitaria. Per la Chiesa una purificazione evangelica dal rischio di chiudersi nell’autoreferenzialità. Essa è infatti chiamata ad aprirsi alle esigenze e alle sofferenze del mondo; il quale è inteso come non solo da evangelizzare, ma da accogliere nelle sue difficoltà e nel suo bisogno di prossimità, in una ricerca di risposte di senso a cui tutte le tradizioni spirituali sono invitate a collaborare.
Dall’altro lato c’è lo scatenarsi di accuse: principalmente quella di assecondare il mondo, di indebolire una identità a cui ci si aggrappa, a fronte di un’apertura vissuta come destabilizzante.

Di fatto, già nella modalità con cui Papa Francesco ha condotto i suoi viaggi apostolici in questi ultimi anni, incontrando non solo le comunità cristiane sparse per il mondo, ma anche realtà legate ad altri contesti (si pensi al viaggio in Myanmar) o creando ponti tra i luoghi più poveri e il ricco Occidente, non può essere sfuggita la cifra genuinamente cristica insita nel prendersi carico dei problemi del mondo intero, al di là dell’appartenenza confessionale.

Si potrebbe obiettare che la dimensione universale del messaggio cristiano sia sempre appartenuta alla Chiesa, tanto da essere il fulcro del suo messaggio. Essa è però sempre stata intesa entro una certa cornice dottrinaria, come la vocazione a portare a tutti Cristo così come viene professato, o anche di attirare tutti all’interno della Chiesa, a sua volta intesa come luogo istituzionale della trasmissione del messaggio di Cristo a partire dall’investitura di Pietro. È proprio l’intento del proselitismo che invece ora viene superato. Le sfide che il mondo si trova ad affrontare mostrano l’impellenza di un cammino congiunto in cui si le varie tradizioni spirituali, ma anche “tutti gli uomini di buona volontà”, credenti e non credenti, si incontrino per dare, al di là delle differenze dottrinali e dogmatiche, un impulso forte ai processi di pace, concordia e tutela del creato.

Questo spostamento sottolinea, in relazione al mondo contemporaneo, il valore della spiritualità come non derogabile. A fronte di una crisi valoriale (frutto di uno sviluppo epocale ben preciso) che nella storia dell’Occidente moderno ha fatto tutt’uno con il prevalere di una antropologia bidimensionale (da cui la centralità dell’homo oeconomicus, nel quale si perde la fioritura integrale dell’umano), proprio la maturità spirituale si mostra dimensione fondamentale. Essa si rivela come ambito imprescindibile per progettare, nei tempi bui e spesso confusi che viviamo, una rinascita. È essa infatti ciò che può gettare una luce essenziale - non solo egoica, cioè legata agli interessi di parte - sui problemi del mondo, diventando spinta propulsiva per scorgere e progettare un cambiamento.


Di fatto già da tempo uomini e donne su un cammino spirituale che ancora riconoscono una propria appartenenza al cristianesimo – in una posizione che si potrebbe fino a ieri definire “di frontiera” -, non smettono di interrogarsi riguardo al mondo in tutta la sua problematicità; convinti che, proprio nella difficoltà dei tempi, sia la dimensione spirituale a poter dire ancora molto all’uomo d’oggi. Convinti che anzi questi tempi particolarmente complessi, nei quali la coscienza si trova a confrontarsi con una realtà – politica, comunicativa e valoriale – in cui fatica a riconoscersi, o in cui rischia di perdersi nel disorientamento, sono tempi che portano con sé, non solo la richiesta o la necessità, ma anche una spinta verso una maggiore consapevolezza. Una consapevolezza che si fa vero e proprio annuncio di possibile rinascita.

È come se i tempi richiedessero e rendessero possibile un salto di coscienza. Nelle parole di Antonella Lumini, “sono tempi in cui una grossa opera spirituale è in corso, e se ne vedono i segni”. Opera o vento dello Spirito che uno sguardo che si può definire profetico coglie, e che interpella tutti, senza distinzioni, come una sorta di necessità che ognuno inizi un cammino di lavoro spirituale su di sé; per coltivare quella disposizione all’ascolto interiore e all’apertura all’altro che il cuore del cristianesimo ha sempre riconosciuto come sue, perché in linea col messaggio evangelico, ma a cui non sempre ha saputo indirizzare le coscienze. Si tratta anche, secondo questi autori, di ripensare l’appartenenza tradizionale e il suo linguaggio. L’esperienza personale si incrocia dunque con una riflessione sui modi tradizionali della fede.

Da un lato, dove presente, la rilettura in profondità dei testi evangelici porta in primo piano il Dio di misericordia e amore; mentre i gesti e le parole di Gesù vengono riletti come ciò che, più che un discorso teologico e dottrinario intorno ai dogmi, fonda un’ortoprassi dell’amore. Il suo messaggio non viene allora richiamato per fondare o confermare un’appartenenza, quanto per testimoniare un cammino capace di indicare davvero a ogni uomo e donna la via della Vita. Può nascerne una critica a qualsiasi separatezza istituzionalizzata, in cui l’essere troppo pronti a focalizzarsi sui precetti morali distinguendo il mondo in buoni e cattivi, o meglio tra puri e impuri, può essere facilmente accusato di fariseismo; o, comunque sia, di mancare il bersaglio: cioè il senso autentico dell’invio originario.

Anche il privilegio della dimensione meditativa o della preghiera di silenzio – ritenute modalità più idonee a una spiritualità matura rispetto alla preghiera di richiesta o di intercessione, su cui si è focalizzata prevalentemente la dimensione della devozione cristiana, favorisce questa conoscenza o contatto con Dio come presenza che si dischiude nell’interiorità. Quello che si incontra non sarà dunque tanto la realtà dei dogmi o l’attitudine devozionale, quanto la dimensione esperienziale del rapporto con Ciò che interpella nel profondo, promuovendo una accettazione e trasformazione di sé; il che a sua volta motiva ad assumere un cammino di maggiore umanizzazione, di crescita nell’amore, affrontando gli ostacoli e le difficoltà che si frappongono.

A favorire questo non sarà tanto una disposizione volontaristica, quanto l’accoglimento profondo che accompagna l’ascolto: l’abbandono fiducioso della preghiera di silenzio, o il “lasciarsi fare” da parte di una forza non riducibile all’umano - come nella dimensione esperienziale della pratica del mantra Maranatha, nella via di John Main portata avanti dalla Comunità Mondiale per la Meditazione Cristiana. Si tratterà allora di immergersi profondamente nel lavorio dello Spirito, da cui consegue la purificazione dalle posizioni egoiche e l’apertura ad ogni incontro con una maggiore prossimità. Particolarmente importante è che, nel percorso dei gruppi Darsi Pace di Marco Guzzi, questo passaggio dal lavoro su di sé e sulle proprie ferite interiori, per aprirsi successivamente all’incontro con la presenza del divino dentro di sé, diventi un cammino esperienziale strutturato offerto a tutti, non più solo una dimensione individuale.

Ad essere rilevante è l’intreccio tra il lavoro (mai dismesso e dismettibile) di questa attenzione a sé e l’apertura al mondo. L’impegno e l’aderenza alla vita spirituale sono chiamati a farsi percorso di crescita e maturazione costante. Davvero un nuovo modo di intendere la conversione continua, che diventa modus vivendi.

È evidente la ben diversa profondità che questo modo di intendere la spiritualità rappresenta rispetto alla vita religiosa media di un credente. Non che la preghiera profonda sia mai mancata alla Chiesa, ma è stata per lo più un cammino di fede che solo pochi maturano, a fronte di una adesione al rito spesso per lo più formale o che comunque difficilmente viene ad interrogare la completezza della propria vita. Non aver sottolineato in maniera efficace la dimensione del cammino esperienziale ha spesso deprivato la Chiesa della capacità di offrire al mondo il tesoro spirituale che essa custodisce. Nella dimensione spirituale così praticata si tratta invece di una profonda assunzione di responsabilità nel prendere sul serio il proprio percorso, quello che Scquizzato, richiama come seconda nascita cui tutti sono chiamati. Questo fa sì che alla focalizzazione tradizionale sul peccato, che tendeva a bloccare nel ripiegamento del mea culpa, si sostituisce ora la centralità dell’essere in un cammino di figliolanza, o addirittura di divinizzazione. La caduta non è negata né minimizzata, ma diventa occasione di rilancio; momento forse inevitabile di crescita e consapevolezza, in un cammino il cui senso si fa più ampio.

Così, quando alcuni di questi autori parlano di divinizzazione a cui l’uomo è chiamato, non è certo da leggersi nel senso di un antropocentrismo che deifica se stesso disconoscendo di esser parte di una dimensione più grande; bensì in quello di una presa di coscienza della scintilla divina che abita l’essere umano, come ciò che va colto e portato nel mondo. Questo comporta una rivalutazione della dimensione secolare: quella secolarità sacra che per Panikkar è tutta da ancora da scoprire.

Quando Papa Francesco viene accusato, con l’apertura che cerca di imprimere, di prestare il fianco al mondo, bisogna ricordare che nel mondo sono da distinguere due significati. C’è il mondo del Vangelo di Giovanni, contrapposto alla dimensione dello Spirito, terreno di iniquità, di logiche di sopraffazione della vita: quelle che non riconoscono il Figlio, per una cecità di sguardo spirituale. Ma c’è anche il mondo come creaturalità originaria, presente e creato in Dio prima del peccato, che porta impresso il segno dello Spirito, tema su cui si concentra Matthew Fox in In principio era la gioia.

Anche per Paolo Scquizzato si apre la necessità di una profonda rivalutazione di tutta la dimensione sensibile. I dualismi tradizionali, quali quelli tra cielo e terra, o tra corpo-materia e Spirito, saltano. Quello che occorre distinguere sono le tendenze che ci abitano, che sono messe in opera e agiscono: se quelle della morte, con le sue macchinazioni, che in realtà mancano la vita e il destino di fioritura della stessa “terrestrità”, oppure quelle della crescita, volte allo sviluppo armonioso di tutto quello che è auspicabile vivere. Occorre portare avanti tutta una riflessione sul valore della sensorialità, che va per sempre sottratta a ciò che è stato condanna o diffidenza, rivalutandone invece il potenziale di vita. Il problema, come sottolinea anche Antonella Lumini - e su ciò tutti questi autori concordano - non sono i sensi, ma il loro buon uso. Fino ad un ripensamento della dimensione della sessualità, da sottrarre a qualsiasi svalutazione sessuofobica o colpevolizzazione, sottolineandone invece il potenziale di purezza e di bellezza. Ci vuole un’opera di educazione, più che di censura o condanna, che è fonte solo di sofferenza, mortificazione e ingiustificato asservimento. Quello che interessa è soprattutto accompagnare l’uomo perché possa fiorire, dargli indicatori che lo accompagnino alla realizzazione di sé. Quando si parla di divinizzazione non si fa riferimento a una perfezione astratta o a un sogno egocentrico, bensì a un cammino di profonda umanizzazione.

Si può dire che in questa direzione si ritrova un pensiero in cui la parte più progressista della Chiesa con ogni probabilità si riconosce. È la centralità del precetto morale, della regola estrinsecamente imposta ad apparire una modalità antiquata, che viene messa in discussione.

Questa rivalutazione della dimensione più legata alla qualità del vivere risulta però talmente forte che è come se talora la stessa dimensione trascendente ne venisse riassorbita. Mentre in Lumini e Guzzi il riferimento trascendente a un Dio come sorgente personale incontrabile nella meditazione e nella preghiera persiste, e rimane il riferimento fondante del percorso, in Scquizzato la stessa presenza trascendente tende a sfumare, fino alla dichiarazione della necessità del superamento del teismo - la stessa esistenza di un Dio trascendente che “dall’alto dei cieli decide le sorti della terra”-, come superamento di un Dio troppo simile all’uomo. E questo a favore di una dimensione più ampia, caratterizzata da un’energia d’amore che impregna ogni cosa. Si può parlare di pan-en-teismo: non “tutto è divino”, ma “il divino è in tutto”. In lui, come in Angela Volpini, la cui riflessione nasce da una esperienza mistica fortemente connotata in ambito cristiano come quella dell’incontro con Maria, quello che conta è la valorizzazione di un cammino dell’umano capace di compiutezza, di pienezza, della maturazione di sé nel rapporto con gli altri e con le cose. Si tratta di una dimensione di amore che diventa sviluppo personale e relazionale, in apertura e impegno per il bene del mondo. Il rapporto tradizionale col divino viene allora visto come segnato da un’eccessiva separatezza, in cui il Dio Signore decide dall’alto i cammini degli uomini; o da un’eccessiva irrazionalità, laddove è il carattere personale del divino a risultare non più accettabile. Manca forse, in questa modalità di riflessione, la necessità di ripensare alla presenza del Dio cristiano come un Dio-Tu, un Dio-Con, un Dio presente nel cuore dell’uomo e costantemente piegato verso la creatura: quello che Antonella Lumini e Marco Guzzi, insieme ai praticanti della Meditazione Cristiana, incontrano nella loro esperienza.

Comunque sia, anche nei casi in cui la dimensione dell’esistente raccoglie il focus centrale, non si ha un’inflazione dell’io, una sorta di superomismo di stampo nietzschiano, proteso verso una tendenziale volontà di potenza. Aver posto al centro la meditazione e la preghiera di silenzio conduce a uno svuotamento interiore. Non si sta andando verso l’autocentratura, in quanto l’umiltà dell’ascolto è la base di un’apertura compartecipe a ciò che la vita presenta e a cui ci si accosta da fratelli. È la centralità dell’amore, esperienzialmente riconosciuta come fondante, che si traduce nella maturazione di una autentica possibilità di “rallegrarsi con chi è nella gioia e piangere con chi è nel pianto” di cui parla S. Paolo - nonché in un profondo rispetto per gli altri, anche nelle loro diversità. La pratica esperienziale diventa allora la base per la partecipazione alla situazione dell’altro a partire da una profonda esperienza di conoscenza di sé, delle proprie ferite e delle proprie istanze più vere. Si apre così un cammino di autenticità in cui si impara a stare con quello che la vita porta nella sua integrlità, in quel che è buono e meno buono. Quello che allora si attua è una liberazione della capacità di scelta del bene, base per la trasformazione di sé e delle cose.

Il precetto dell’amore apre a un fare che non è un semplice operare, come talora accade se la tensione verso il sociale non scaturisce da una maturazione interiore; bensì un fare che parte da un cammino nell’essere, nella comprensione e purificazione profonda delle proprie istanze. In questa chiave spirituale si verifica una liberazione del messaggio di Cristo, quell’“Amatevi l’un l’altro come io ho amato voi”, che si offre alla piena e matura assunzione da parte di tutti, come, si potrebbe dire, una vocazione originaria. E si deve leggere in questo non un abbandono della religione cristiana, ma la sua vocazione più profonda: un sentirsi chiamati a vivere nell’apertura che il precetto dell’amore ci richiede, come dono vero e nient’affatto scontato per il mondo.

Quasi tutti questi autori colgono nella realtà anche una dynamis evolutiva verso una sempre maggiore consapevolezza, per cui il salto di coscienza che è ora richiesto è in realtà già in atto. Un po’come in Teilhard de Chardin, che vedeva la realtà in movimento verso un punto Omega, come fioritura di tutte le cose nella loro pienezza cristica.

Secondo Antonella Lumini, la storia dello sviluppo della coscienza può essere vista in tre stadi - che ricordano vagamente le tre fasi dello sviluppo umano ne La Nuova Innocenza di Panikkar. Al primo stadio, in cui l’uomo viveva una religiosità pervasiva ma inconsapevole, è subentrato il secondo: quello rappresentato dal rapporto con un Dio separato, giudice e Signore, da cui deriva ogni potestà. In questo secondo stadio si sottolinea l’assoluta dipendenza umana, e tra l’uomo e Dio c’è una decisa separatezza. Ora però ci si trova a un nuovo passaggio: quello della maturazione e dell’assunzione di responsabilità, del riconoscersi nella consapevolezza, della presa di coscienza di sé come Figli in cammino di realizzazione in pienezza e con un ruolo nella trasformazione della realtà. Cosa in linea con il progetto divino suscitato dallo Spirito. Occorre dunque diventare consapevoli di sé e del lavoro da compiere.

Nonostante i segni involutivi che appaiono allo sguardo dei più, l’ascolto profondo permette dunque di cogliere un movimento non immediatamente visibile. E, se l’epoca in cui siamo rivela chiari segni di rinascita, di risveglio, è responsabilità di ciascuno portarli alla luce e farli fiorire. Tensione spirituale profonda insita nella realtà, essi costituiscono l’aspirazione del cuore di ogni uomo. Questo mostra che, in un’età in cui lo sviluppo del pensiero filosofico occidentale risulta carente nell’indicare un senso alla realtà, è la dimensione spirituale che può farlo, a contatto e in ascolto della vita. Allora anche la libertà contemporanea - che, svilendone le ricche potenzialità, è spesso intesa ambiguamente come un fare quello che si vuole - diventa un cammino che si fa un messaggio di speranza e di realizzazione.

Senza questa maturazione spirituale, senza questo passaggio di coscienza, che è parte di un lavorio più profondo e grande, ma tuttavia aperto a tutti, difficilmente la realtà in cui l’uomo vive può risollevarsi dalle difficoltà in cui si trova. La stessa problematica ambientale della Laudato sì, ma anche il proposito di fratellanza universale della Fratelli tutti, che accendono uno sguardo consapevole per richiamare le coscienze ad azioni virtuose, capaci di novità (la novità dell’Euanghelion, della Buona Notizia), rischiano di non potere nulla senza l’assunzione personale di un cammino di consapevolezza. Tanto la trasformazione del mondo, con le sue strutture inerziali e i suoi poteri spesso iniqui, quanto una maggiore attenzione, onestà e rispetto nel vivere i gesti della quotidianità, richiedono una nuova coscienza nell’avviarsi, per la quale forse i tempi sono davvero maturi.

In questa direzione è la vita stessa dell’uomo a trovare la pienezza del suo senso. E questo ne fa una via quasi obbligata per l’oggi. In questa dynamis è infatti nascosto un grande dono, capace di farne una Buona Novella: nella consapevolezza, l’andare verso il mondo e verso l’altro e l’andare verso se stessi sono tutt’uno. Quello verso cui ci si avvia è una maturità umana i cui frutti sono da assaporare e condividere. Lavorare su se stessi e sulla propria apertura al cambiamento contiene una radice irrinunciabile di pienezza e di felicità.


Gli autori e le realtà cui si è fatto riferimento:

Antonella Lumini
Conosciuta come eremita di città, ha conosciuto una chiamata al silenzio da cui ha lasciato interpellare tutta la sua vita. Nel suo percorso riconosce solo a un certo momento la forma della vocazione che la abita, quando un sacerdote le dona un libro sulla Pustinia, modalità di vita riconosciuta nella tradizione cristiana d’oriente, in cui il Pustinik, a seguito della chiamata al silenzio, passa da un villaggio all’altro, vivendone ai bordi e portando in dono la sua preghiera e la benedizione della sua presenza, come uomo mosso dallo Spirito di Dio. La sua pratica consiste nello stare in silenzio dopo un’invocazione allo Spirito Santo (“Ruah Elohim”), aprendosi al contatto “da solo a Solo”. Col passare degli anni ha sentito di dover portare la sua esperienza agli altri, anche attraverso un’elaborazione teorica che si è concentrata sulla dimensione femminile di Dio (Dio è Madre) e sulla figura e dimensione dello Spirito Santo, cosi come appare nella Bibbia. Per Antonella Lumini siamo in tempi complessi, in cui è possibile ravvisare i segni di un grande lavoro spirituale in atto. Tempi, lei dice, di “smascheramento” delle ipocrisie e dei lati oscuri, intendendo così i lati di pesantezza che affollano sia le coscienze sia le strutture dell’esistente. In questo modo l’opera dello Spirito avanza, presentando la potenzialità di una rinascita per ogni uomo e donna che si apra alla sua azione vivente, pervadente e pervasiva. Posto il modello di Gesù Cristo, in cui questo si è realizzato in pienezza, tutti siamo chiamati ad essere e diventare quello che già siamo, cioè Figli di Dio, attraverso un’opera di apertura e purificazione delle istanze egoiche per aprirci alla pienezza di vita che ci è destinata e che dobbiamo collaborare a costruire.

Marco Guzzi
Pensatore e poeta, particolarmente eclettico nei percorsi che dischiude, esprime una voce forte di denuncia verso i tempi contemporanei, sia dal punto di vista politico, rispetto alle strutture inique e i meccanismi del potere; sia da quello della vita religiosa, rispetto a cui fa valere un’esigenza di vita spirituale più radicale e profonda, che liberi la dimensione luminosa che abita la profondità di ciascuno. Si tratta dunque di contattare la scintilla divina che caratterizza l’uomo, come scintilla cristica. A partire da questa nuova conoscenza di sé, diviene per lui naturale impegnarsi per una trasformazione di tutto quello che circonda. La sua lettura della storia, di impianto almeno in parte heideggeriano, vede il mondo contemporaneo come frutto di un progressivo oscuramento che connota l’attualità come un tempo finale. Ma in realtà proprio in questo è possibile ravvisare con sguardo profetico una possibilità di rinascita, grazie ad una rivoluzione spirituale per la quale i tempi sono maturi. Il cammino spirituale, a cui tutti sono chiamati, è dunque finalizzato alla collaborazione attiva a una ricostruzione dell’esistente, a un risanamento degli stessi meccanismi del potere, come servizio attivo verso tutta la realtà. La sua opera, oltre che nei suoi numerosi libri, si concentra nel percorso di formazione che viene offerto (anche online) e che ha dato luogo ai gruppi Darsi pace, incentrati sull’uso degli strumenti meditativi di ascolto di sé e sulla condivisione con gli altri. Percorso strutturato in annualità, parte dal riconoscimento e dallo scioglimento delle ferite personali che costituiscono difensivamente le istanze reattive ed egoiche, per giungere a prendere coscienza del potenziale di luce (che è Gesù Cristo nella profonda interiorità di ogni uomo) che ognuno porta in sé e che va attivato per la trasformazione del mondo. Affine a lui, Mauro Scardovelli, in ambito di crescita psicologica, porta avanti un discorso analogo: fornire a tuti gli strumenti per risanare l’io egoico dalle sue ferite, al fine della costruzione di un felice cammino di comunità. Anche in lui la crescita psicologica si apre ai contributi spirituali di tutte le tradizioni religiose del passato, il cui messaggio viene ravvisato nella liberazione dall’ego per una rinascita nello Spirito, in cui ci si trova in contatto profondo, pacifico e armonico, con tutte le cose. Prospettiva tutta da costruire, nella realtà.

Paolo Scquizzato
Sacerdote di Torino e raffinato cultore di una nuova apertura nella spiritualità, dedica i suoi libri e i suoi numerosi interventi pubblici a un ripensamento dei modi della fede, indispensabile per accedere a una modalità di vita più matura e più feconda. Anche attraverso un’attenta lettura dei Vangeli (i suoi ultimi due libri propongono, in concomitanza agli anni liturgici in corso e a venire, una lettura dei Vangeli di Matteo e Marco), tende a decostruire gli aspetti più dogmatici della fede cristiana per portare in primo piano il messaggio spirituale legato all’ortoprassi dell’amore, che lo stesso Gesù ha manifestato. Il suo è un pensiero di fecondità, che riabilita il valore della terra e dei sensi. La questione sta nella purificazione e valorizzazione dell’apertura al mondo, contro ogni mortificazione tradizionalmente fatta valere, soffocando l’armonico fiorire della vita. Quello che si rende necessario è un’opera di chiarificazione che liberi invece quest’ultima, nelle sue potenzialità di crescita e bellezza. Un messaggio particolarmente indicato per la cultura laica contemporanea, come stimolo alla comprensione e alla valorizzazione di sé. Anche attraverso una particolare attenzione ai risultati delle scienze, soprattutto delle teorie evolutive dell’universo e della fisica quantistica, la portata universale del messaggio evangelico è portata alle estreme conseguenze. Ci si avvia addirittura al superamento del teismo e della figura di Dio come essere personale cui rivolgersi. Quello che viene riconosciuto come divino è un’energia improntata all’amore, intelligente ma non personale, che ha generato ed è diffusa in tutto l’universo, che l’uomo può, grazie alla coscienza, riconoscere in sé come proprio motore profondo nonché bussola interiore, che lo spinge ad agire in modo misericordioso nella compartecipazione umana.

Angela Volpini
La vita di Angela Volpini è stata segnata indelebilmente da un’esperienza profonda e almeno in parte ineffabile che ha vissuto lungo dieci anni della sua vita, dal 1947, quando lei aveva sette anni, al 1956: l’incontro con Maria, che mensilmente le appariva in visioni che al tempo hanno fatto scalpore e attirato folle di fedeli, nonostante non siano mai state riconosciute ufficialmente. Rispetto ad altri fenomeni analoghi, l’esperienza di Angela si differenzia sotto due aspetti. Per il contenuto del messaggio, atipico rispetto a episodi simili, perché Maria le avrebbe detto che era venuta a “insegnare la via della felicità sulla terra”. E per la capacità teorica di Angela, la quale, sebbene in conseguenza di questi fatti straordinari abbia dovuto abbandonare la scuola da bambina, ha dedicato la sua vita alla rielaborazione e comprensione di quel messaggio, avvertito come trasformativo, attraverso un linguaggio spesso profondo e altamente personale: cosa che le ha attirato lungo la vita anche l’attenzione di importanti intellettuali. Essendo stato per lei l’incontro con Maria l’“incontro con la pienezza umana realizzata”, Angela Volpini sottolinea il potere creativo dell’uomo, che è chiamato a prendere coscienza dell’esigenza profonda che abita il centro del suo essere, per estrinsecarla relazionalmente nel mondo, facendone via di incontro e condivisione con gli altri e insieme di sua personale felicità. Avendo poi colto in Maria il volto dell’intera umanità, per lei l’uomo ha in sé la forza di accedere a una pienezza di vita in cui si auto-crea, facendosi co-creatore di Dio nei confronti del mondo. Di fronte alle difficoltà evidenti nella realtà, di cui è sensibile osservatrice, Angela Volpini ritiene – in modo del tutto affine agli altri autori - indispensabile collaborare al mutamento del modo dell’uomo di vedere sé stesso, Dio e tutta la realtà. Il modo tradizionale del credere, che spesso ha bloccato l’uomo nel senso di inadeguatezza e incapacità, ponendolo come “peccatore” asservito a un Dio signore e giudice, ha inciso profondamente nelle coscienze, tanto che gli uomini non sanno per lo più essere coscienti di sé e delle proprie esigenze più profonde. Le quali invece rappresentano il loro potenziale di crescita, di realizzazione e di felicità: quello che di più specifico hanno da portare in dono agli altri per una crescita comune nella reciprocità e nel progetto condiviso di un mondo più giusto e fraterno.

WCCM (World Community for Christian Meditation - Comunità Mondiale per la Meditazione Cristiana)
Ispirata all’esperienza e agli scritti di John Main, il cui successore, Lawrence Freeman, ne è a capo attualmente, la WCCM risulta una realtà profondamente radicata nel mistero di Cristo, così come lo si può sperimentare nella pratica assidua della meditazione di silenzio basata sulla pratica quotidiana della ripetizione del mantra Maranatha. Si tratta di un incontro non dottrinale ma esistenziale ed esperienziale, di trasformazione in cui si farebbe esperienza della presenza Cristica , cosa che diventa impegno totale all’apertura e all’incontro con tutto quello che circonda e interpella la propria vita. John Main (1926 – 1982), monaco benedettino del secolo scorso, incontra la via del mantra in oriente durante un viaggio di lavoro, cosa che lo porta a maturare la consacrazione come monaco una volta tornato in Inghilterra. Impedito nella professione di questa via da un suo superiore che non vi riconosce una via cristiana, solo dopo molti anni la ritrova come base della preghiera dei Padri del deserto. Da allora inizia per lui un cammino in cui apre tale pratica spirituale anche ai laici, fondando varie comunità, in Inghilterra come in Canada. I suoi libri risultano importanti anche per l’invito all’assunzione di un impegno di vita totale, non doveristico, ma che sboccia dal contatto col proprio essere più profondo, che si scopre sempre più, in Cristo, come apertura donata al mondo. La spiritualità viene intesa come via di vita che interpella ogni uomo.

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