Che fine ha fatto il pensiero critico?

SURROGATE MOTHERSC’è stato un tempo in cui le persone di cultura si sentivano chiamate a essere critiche verso i poteri costituiti. Sentivano di dover difendere l’umano da un sistema che lo opprime, lo sfrutta, lo aliena.

Col senno di poi, è chiaro che hanno collaborato a cambiamenti ben diversi da quelli che perseguivano. Il sistema che contestavano, non solo non è stato rovesciato, ma ha usato quella critica per una sua metamorfosi, che lo ha portato a essere più forte e pervasivo di prima.

Forse per questo oggi un pensiero critico pare del tutto assente. Tant’è vero che le persone di cultura non hanno più in genere alcuna autonomia, assorbite dall’apparato mediatico. E ci si avvede che la critica di un tempo era interna a indirizzi dominanti che si stavano pienamente dispiegando.

Quel che è chiaro è che oggi un pensiero critico deve essere molto più radicale che in passato. Cioè andare davvero alla radice, e non accontentarsi di alcune manifestazioni. E la radice – dell’oppressione, dello sfruttamento e dell’alienazione – non può che essere la perdita del senso spirituale della vita.

Quando il pensiero critico di un tempo se la prendeva con la religione, non sapeva quel che diceva. Collaborava a disseccare la fonte a cui esso stesso inconsapevolmente si abbeverava.

In ogni caso è un buon segno che rispetto a uno dei più velenosi frutti di questi nostri tempi – l’utero in affitto – ci sia stato un nuovo pronunciamento trasversale che include femministe e omosessuali.

Come si fa a parlare di diritti riducendo il corpo della donna a mezzo di produzione della merce bambino, messa liberamente sul mercato? Quale responsabilità si assume chi difende questo orrore come conquista di progresso? E quale coloro che, pur avendo la capacità e il dovere di capire, tacciono?

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