Un’ecologia anche spirituale

amazzoniaOltre alle guerre combattute tra diversi raggruppamenti umani, c’è una guerra che l’umanità ha intrapreso con la sua dimora, ovvero l’ambiente naturale. La logica è la stessa: una lotta per il predominio, a costo di annullare l’altro, senza capire fino in fondo quanto ne vada di se stessi.

Eppure nel caso della natura la cosa è chiara: distruggendola, il genere umano sopprimerebbe le condizioni della sua esistenza. Ma ormai anche nelle guerre tra i popoli e gli stati, il livello tecnologico è tale che la vita stessa potrebbe venirne compromessa.

Infatti la grande novità della condizione attuale è che sia l’uomo e la natura, sia i diversi gruppi umani tra loro, appaiono senza possibilità d’equivoco interdipendenti.

Bisogna che tutti se ne prenda atto. E che ciò avvenga in profondità, a partire da quelle che sono le radici della coscienza umana, cioè le religioni. Bisogna che esse, lungi dal viversi in conflitto tra loro, legittimando o suscitando strategie di guerra, cooperino per la salvezza dell’umanità e della vita sulla terra. Occorre forse una teologia dell’interdipendenza a cui ciascuna possa contribuire, e che, rinnovando le categorie interpretative della vita spirituale, ponga davvero le basi di un’etica condivisa.

Nel recente Sinodo sull’Amazzonia la Chiesa Cattolica, in continuità con l’enciclica Laudato si’, ha dichiarato al mondo che la salvaguardia della vita sul pianeta è un contenuto centrale della fede. Contemporaneamente e non a caso, riconoscendo la dignità dei precedenti culti indigeni, ha affermato il principio che la diffusione di una religione non deve cancellare le tradizioni preesistenti. Come a dire che c’è un’ecologia non solo naturale ma anche spirituale, il cui rispetto riveste oggi un profondo senso religioso. Una memoria viva e attuale delle tradizioni che è da custodire come la biodiversità in natura, perché alimenta ed è alimentata dall’universale scorrere della Vita.

Stampa