La filosofia del culto

La filosofia del cultoPer chi conosce Florenskij ma non sa il russo, l’occasione è davvero da non perdere: è uscita la traduzione di una sua opera di straordinaria profondità spirituale e filosofica “La filosofia del culto” (a cura di Natalino Valentini, tradotto da Leonardo Marcello Pignataro, 596 pagg, ed. San Paolo), pubblicata precedentemente, postuma e soltanto in russo, nel 2004. Per chi non conosce Florenskij, vale la pena partire proprio da questo sorprendente testo, che nasce dalla rielaborazione di un ciclo di lezioni dedicate al culto e al suo significato per la vita e per il pensiero umano. Non a caso, ricorda Florenskij, la parola cultura deriva proprio da culto. Esso è una breccia nell’esistenza terrena […] nella quale si incontrano le cose terrene e quelle celesti, l’istante fugace e l’eterno, il relativo e l’assoluto, il mortale e l’immortale. L’esistenza tutta è determinata dal culto ed è scandita dal calendario con le sue feste che interrompendo il corso monotono del tempo, danno il senso della durata e consentono di percepire e misurare il tempo con un senso interiore.                    Dell’esistenza, i Sacramenti sono i punti assoluti di ciò che assoluto non è, i punti celesti di ciò che è terreno, i punti spirituali di ciò che è temporale, i punti santi di ciò che è soggetto alle passioni, i punti misurati di ciò che non ha misura. Il culto in generale, i Sacramenti in modo particolarmente intenso, ci consentono l’esperienza dell’incontro con il trascendente, attraverso la partecipazione, l’unico vero modo per avvicinarsi ad essi. Esperienza che ci è dato di vivere, un po’ meno di raccontare, nel senso che nessuna traduzione in parole, per quanto sentita, può essere esaustiva. Ciò nulla toglie all’importanza di ragionare, raccontare, dialogare, come aspirazione alla Verità che non raggiunge mai la Verità stessa.  È un tentativo che è bene fare, e Florenskij lo fa, come attestano le sue lezioni e la pubblicazione di questo libro. Solo la Vita può cogliere la Verità nella sua pienezza. E anche di ciò Florenskij è testimone attraverso la sua straordinaria vita.

Interessantissime sono le riflessioni dell’Autore a proposito della Croce, vista come fondamento dell’essere: dell’Uomo innanzitutto, ma anche dell’universo, La fioritura della figura umana, quanto di più bello c’è nell’uomo, l’umano nell’uomo, si ha quando l’uomo si distende come sulla croce. … La Croce è il tipo non solo dell’uomo, ma anche dell’universo visto come un tutto unico…. può forse nascere qualche cosa senza questa forma, e senza di lei può forse esserci un legame tra le cose?  La Croce, anche se quanto alla sostanza è visibilmente un legno, tuttavia è rivestita della forza divina

Le lezioni sono state effettivamente tenute con un’eccezionale affluenza di pubblico, a Mosca nel 1918. Non è di poco conto che si tratti di lezioni, quindi di parola non solo scritta ma pronunciata pubblicamente, coraggiosamente, e non è di poco conto che ciò si sia verificato nel 1918. Vale anche la pena riflettere sulla partecipazione affollata, quando già era ben chiara a tutti la strada fortemente antireligiosa e di ateismo “obbligatorio” che la Russia stava imboccando. Sembra di percepire il desiderio di abbeverarsi un’ultima volta ad una fonte che di lì a poco sarebbe stata sbarrata. Inutilmente, tra l’altro, come la storia ha finito per mostrarci, ma a costi altissimi. Non può che commuovere la lezione dedicata ai “Testimoni”, pensando al martirio di Florenskij, fucilato nel 1937, e di moltissimi altri “Testimoni”, colpevoli unicamente di essere uomini di fede. Il cristiano muore, egli scrive, a testimonianza che nel suo cuore dimora lo Spirito della vita, Spirito che egli avverte come più reale e sicuro della vita in un mondo che va a pezzi.

 

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