logovivmor_smLa soglia che separa la vita dalla morte è la linea di confine su cui da sempre ammutolisce la razionalità discorsiva umana. Nelle odierne società di massa, ad alto livello di organizzazione sociale e tecnologica, dove la vita pare scorrere lungo binari prefissati, di fronte alla morte si dischiude una percezione più profonda, in cui la domanda sul senso dell’esistere può finalmente affiorare.Grande importanza culturale ha sotto questo aspetto l’attuale riscoperta del morire, dopo una lunga rimozione. Anche la sofferenza, mostratasi illusoria l’idea di poterla estirpare dalla condizione umana, chiede di essere riaccolta come passaggio ineludibile e spesso fecondo nel cammino personale. Ci sono insomma le premesse di una profonda svolta culturale. Una svolta che torna a dischiudere la dimensione spirituale dell’esistere.

 

 

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In tutte le culture d’Oriente e d’Occidente che conoscono questa istituzione, il monastero è il contesto dell’abbandono del mondo e della ricerca spirituale. Per questo i monasteri sorgevano innanzitutto in luoghi solitari, dove il diradarsi dei rapporti sociali e un più intenso contatto con la natura costituivano condizioni favorevoli alla vita contemplativa. A partire da essi rifioriva la vita sociale e culturale: così la rete dei monasteri benedettini ha posto le prime fondamenta dell’Europa, mentre quella dei monasteri buddhisti ha per molti secoli unito l’Asia.

Un’esigenza culturale tra le più avvertite del nostro tempo è quella di un confronto autentico tra le culture che hanno dato forma alla vicenda umana, ma le radici di ciascuna sono nella sua tradizione religiosa. MONASTERO INTERCULTURALE vuol dire dunque riportare l’attenzione alla dimensione religiosa come costitutiva dell’essere umano; rispettando il pluralismo irriducibile del suo manifestarsi e tuttavia vedendo in essa la sorgente di ogni via culturale e storico-sociale. Vuol dire ritessere le fila di un progetto culturale che sia unito a un’esperienza personale autentica.